giovedì 30 luglio 2015

ricomincio da blogspot e da Virginia, ancora e per sempre Virginia

Questo blog è come me. Non so se sia proprio positivo, magari almeno in rete dovrei cercare di essere più, come dire, assennata e costante. Invece, stanza antipanico è nato su wordpress, poi si è spostato su un hosting diverso e ora, approda su blogspot, dove credo, spero, resterà.

E' poi significativo, ricominciare scrivere di me il 30 luglio.

Questo giorno tre anni fa, mi vedeva con 30 kg di amore in più. Fuori dai tempi calcolati per la mia gravidanza, in piedi, perché la pancia non mi consentiva altre posizioni, in banca con mia sorella Serena, mentre aspettavo il nostro turno.

E niente, all'improvviso entra un tizio e urla:" FERMI TUTTI E' UNA RAPINA!" e indovinate un po'?  Non scherzava! Io, che non solo ero incinta, quindi, con tutti i sensi affinati e perennemente all'erta per qualche misteriosa memoria primordiale del nostro organismo, ma anche e pur sempre, napoletana, prendo mia sorella e la trascino via a nasconderci dal direttore (peggiore posto se ci penso oggi) e gli dico allarmata: "Direttore è in corso una rapina", il simpatico genio dietro la sua comoda scrivania ride e dice: "Ah e chi la fa? Tu?" ebbene sì amici, questi sono i manager del nostro bel paese, gli dico che ovviamente non scherzo e lui cosa fa? Va nel panico, amici! Roba da sei in fila alla posta e il tuo intestino inizia ad attorcigliarsi per il cornetto a cioccolato e il cappuccino al bar, quel tipo di panico. Un panico da, dove cazzo è il bagno più vicino, insomma. Nella sua crisi di panico, dice che deve chiamare i carabinieri che l'iter giusto è questo, io rispondo che se non fosse ancora accorto, sono incinta e se i rapinatori si incazzano prendono me come ostaggio di certo, insomma, ma la televisione tematica che l'hanno inventata a fare se poi nessuno si prende il disturbo di apprendere le sue lezioni di vita. Io le serie crime le guardo e i rapinatori nelle banche americane prendono SEMPRE le donne incinta. Nel frattempo i rapinatori, in realtà erano due non uno come avevo pensato perché il secondo era in fila accanto a me con tanto di ticket per il turno in cassa, urlano a tutti di stare faccia terra, di non emettere suoni e di non piangere. Mia sorella più in panico del direttore e di me che, avendo dalla mia le serie crime e una madre pseudo giallista, mi sentivo abbastanza al sicuro e poi diciamolo pure, quando sei incinta ti senti invulnerabile, decide che avendo lei l'incasso del nostro hotel in borsa, doveva uscire dalla stanza del direttore per non mettermi in pericolo (questo non so come abbiamo potuto pensarlo, ma sono attimi di terrore, lo giuro) quindi sguscia lentamente fuori dalla stanza. A questo punto, con mia sorella fuori nel campo di battaglia, sento un panico montante prendersi gioco di ogni mio singolo filamento di carne. Conto i secondi da quando il direttore preme il pulsante di chiamata diretta a i carabinieri al loro arrivo. Circa 60 interminabili secondi. Il minuto più lungo della mia intera esistenza. Mia sorella era in pericolo per colpa mia e non sapevo cosa fare. Lei di là pensava lo stesso, ma io ero incinta e dopo aver pianto al telefono con il call center della Telecom qualche tempo prima, avevo capito che le mie emozioni erano un tantino amplificate.
I carabinieri arrivano quando ormai i rapinatori erano scappati col bottino, scoppio in un pianto che non credevo possibile. Con lacrimoni, singhiozzi, scossoni e tutto il repertorio, avete presente? Mia sorella era ovviamente illesa e viva. Nel frattempo dall'ampia vetrata vedo accorrere mio marito che aveva saputo che ero in banca durante la rapina. Anche lui, inutile dirlo, visibilmente sconvolto. Un napoletano all'estero, non immagina mai di restare coinvolto in una rapina. pensa sempre, se non mi è capitato in 30 anni a Napoli, non mi succederà mai più. Invece vieni a vivere in una piccola, deliziosa cittadina della provincia toscana e taac, ti rapinano in banca con bandana a coprire la bocca, pistola e tutto il resto.
Tutti chiamano i soccorsi per la donna incinta. Questa volta la donna incinta, quella di cui tutti si preoccupano, ero io. Questo mi faceva sentire anche in colpa. Mi portano al pronto soccorso per misurare la pressione e per fortuna, nulla è accaduto, ma insomma signora che sfortuna! In questo nostro paese, non si può vivere! ma erano stranieri? No, italiani e no, non del sud.
Torno a casa e continuo la mia giornata, mi sento un po' agitata, ma mi rispondo che, in fondo, a tutti capita prima o poi nella vita una rapina e che non è successo nulla che quindi è meglio smetterla di lagnarsi.

La sera preparo la cena per me e mio marito, carico la lavastoviglie e mi ritiro in camera. E' il 30 luglio, fa davvero  troppo caldo per il divano quindi opto per il lettone e mi sintonizzo su un bel film.
A metà film inizio a pensare che finalmente benefibra di cui in gravidanza ero dipendente, avesse fatto effetto. Mi alzo, anzi per amore della cronaca, rotolo come mi ero ben abituata a fare giù dal letto e mi dirigo al bagno, dove con una naturalezza e una semplicità che non mi aspettavo per l'evento, urlo: "PAPIIIIII DOBBIAMO ANDARE IN OSPEDALE!".

In un lampo saltiamo in auto, allertiamo mia madre che si fa trovare al primo pit stop di questa folle, bellissima e super gioiosa corsa in ospedale. Arrivo urlando, perché dei canonici 10 minuti ogni contrazione iniziale io non ho avuto traccia. Gli infermieri mi siedono sulla sedia a rotelle correndo, dicono fate presto o la farà in ascensore. Arrivo alla prima misurazione, sono le 23 e 30 di sera del 30 luglio e sono di 2 cm e mezzo alle 01.00 sono di 10 cm. Questo per dire  che nella camera da letto io non ci sono mai entrata, sono stata direttamente portata in sala travaglio dove mio marito, il mio favoloso, insostituibile uomo non mi ha mai lasciata, nemmeno per un secondo. Mi ha sentita urlare come un orco donna ubriaca di scotch scozzese alle prese con uno elfo testa grossa che cerca di uscirgli dalla vagina e non ha battuto ciglio. Mi ha passato circa 4 litri di acqua, sempre col sorriso sulle labbra, senza mai fermarsi col tifo  da stadio "vai, amore ce la fai, sei grande, sei bellissima" quest'ultima era proprio una bella bugia, io lo sapevo, ma glielo facevo dire, un po' perché non avevo le energie per zittirlo e, un po' perché si sentiva utile e mi faceva piacere per lui.
Dalle 01 alle 04 le ostetriche sono state insieme a noi, mi incitavano dicendo spingi, usa gli addominali, io ho replicato non so quante volte, dicendo che gli addominali non li avevo perché non avevo mai fatto sport e non so bene per quale motivo, a questa affermazione, ho chiesto loro scusa per questo. Sì, amiche, mi sono scusata con le ostetriche per non aver fatto sport. Anche a questo porta la gravidanza, chiedi scusa di esistere mentre come la più spaventosa delle scimmie urlatrici spingi fuori la testa e poi il corpo di tuo figlio.

Alle 4.58 del mattino del 31 luglio 2012 però, mentre morivo letteralmente dal dolore, nascevo di nuovo. Da allora, la mia vita ha un nuovo centro. Un centro che profuma di bebe' appena nato, di crema per il cambio pannolini e di vita e che cambia fragranza ad ogni obiettivo che la mia Virginia raggiunge ed io con lei.

Insomma, amici, domani Virginia compirà 3 anni. I 3 anni più dannatamente ricchi e pregni di significato della mia intera esistenza.
Lasciate quindi che faccia un brindisi virtuale in questa parte di mondo virtuale:

A te, mia adorata creatura
e alle mille avventure che ci attendono.

Ti amo,
mamma

martedì 28 luglio 2015

Self publishing sì oppure no?

Quesito della vita. Quando si è un pesce piccolo, quando si è del semplice plancton nell'oceano dell'editoria, hai davvero pochissime chances che il tuo libro valichi mai la cerchia famiglia/amici/conoscenti. Per quanto già tra questi troverete delle dolorose defezioni.
E' vero, noi italiani, scriviamo tutti. Siamo un popolo di scribacchini. Pochi di noi lo fanno veramente bene. Onestamente, non so in quale gruppo mi trovi. Inizio seriamente a dubitare di me stessa. Ci sono delle volte in cui leggendomi penso, però! Non scrivi male, amica. Ma altre, ahimè il più delle volte, in cui detesto cordialmente ogni singola parola. Approssimative, amatoriali. Una vergogna per me e per chi mi legge. Scrivere Eva e l'assoluto, è stato un processo naturale. Nel farlo, non ho mai pensato a quando poi avrei scritto la parola FINE. Intendiamoci, io non appartengo al gruppo di persone che va millantando di scrivere solo per se stessi. Diffidate, quelli sono bugiardi. Sono come quelle donne che ti dicono , "hai visto come sono ingrassata"? Per sentirsi dire "Scherzi? Sei una stecca da biliardo!". Io scrivo perché voglio che mi si legga. Al massimo, io il problema, (e lo sto scoprendo solo ora) ce l'ho a farmi pagare per essere letta. Nel senso che, non avendo io una casa editrice, mi capita che qualcuno acquisti il cartaceo di Eva sul blog e allora, devo essere pagata direttamente, bene, quando questo accade mi vergogno da morire, ma dicono passi. Fa tutto, regolarmente parte, del lento processo di evoluzione del famoso pelo sullo stomaco.
A dire il vero, mentre scrivevo, non credevo nemmeno di voler pubblicare, era più come se per magia, il mio libro si trovasse appena terminato, nelle librerie di ogni italiano senza passare per processi di stampa, negozi ecc. Dal produttore al consumatore. Filiera corta. Così me la figuravo la cosa. Quando però, mi sono resa conto che mi risultava difficile staccarmi da Eva e l'assoluto e buttarmi in un'altra storia, allora, ho capito che Eva doveva uscire dal mio computer.
Vedete, amici, quando scrivi un romanzo, instauri con le sue pagine una vera e propria relazione amorosa. C'è la fase del corteggiamento, quando le parole, fanno capolino nella tua testa e tu le rincorri. Poi, le parole danno vita ai personaggi, alla storia. A volte questi, ti sorridono e senti un calore avvolgerti il cervello, altre volte invece, questi vanno per la loro strada e allora, accade che ci litighi. Sono litigi di amore. Minacci di non tornare più, di stare meglio senza di loro, ma alla fine, come nelle più banali delle liti tra innamorati, tu con la tastiera sotto le dita, torni sempre. Poi, è ragionevole pensare dopo un tempo che va tra i dieci e i dodici mesi, il romanzo è  finito. Spieghiamo meglio, per i non addetti ai lavori, tu con la tastiera ti illudi che sia finito, in realtà, dovrai rileggerlo e riscriverlo ancora tante di quelle volte da detestarlo e volerlo via, fuori dalla tua testa. Per sempre. Ecco, con Eva invece, era come aver lasciato una storia d'amore appesa a un filo. Chi di voi on ha mai vissuto un'esperienza simile? Quelle storie che bruciano tanto sotto la pelle. Le riconoscete? Quelle di cui avete dichiarato la fine e che nella realtà dei vostri giorni invece, sono ancora dappertutto dentro di voi. Quelle storie che vi lasciano ancorate a quel maledetto "se". L'ombra ingombrante di quel "se" ipotetico, mi impediva di pensare. Avevo tante idee che poi, morivano tutte all'ombra di Eva. Allora  mi sono detta, è tempo di saltare.
Eva e l'assoluto  è il mio primo romanzo e i suoi limiti, li conosco tutti alla perfezione. Nonostante questo, ho deciso di saltare e come tutti sappiamo, quando si decide di saltare nel vuoto, è consigliabile non guardare nell'abisso.
Ho iniziato come tutti. Ricerca per genere all'interno dei cataloghi, per non sbagliare casa editrice. Eva, appartiene al fortunato filone della chick lit. anche in Italia, abbastanza popolare.
Prima bruciatura. Tutte le case editrici (almeno quelle da me trovate) riportano due tipi di informazione.
A) in questo momento non accettiamo manoscritti
B) non accettiamo manoscritti non accompagnati da un agente letterario.
Il mio primo pensiero è stato Kurt Cobain. Poi ho pensato al grunge e a tutte le indie band della scena musicale di Seattle degli anni '90. Poi ho pensato alle Major che hanno, nella maggior parte dei casi, rovinato quelle band. Nirvana inclusi. Prendete Bleach, poi ascoltate Nevermind e poi ne riparliamo. Non è che mi aspettassi la strada sgombra. Non sono nata ieri. Io amo Bleach.
Quindi, invio il manoscritto a tutte le case editrici indipendenti che trovo. Quelle che titolano nei loro siti fasulli, NOI SIAMO DALLA PARTE DEL TALENTO E DELLA CULTURA. Cerco di fare le cose per benino, spulcio i cataloghi, ma alla fine mando ovunque il libro, perché ci vuole pelo sullo stomaco e un altro no, non mi farà male.
Da quasi subito, roba che aspettavano solo me, i lettori e i direttori editoriali erano a corto di materiale, mi arrivano lettere entusiaste. Proposte editoriali come se piovesse. Tutte però, con un'innocua (secondo loro) piccola postilla. E' richiesto un piccolissimo contributo spese (circa 1000 euro, euro più euro mancante). Chi ha letto il Pendolo di Foucault, sa bene chi siano gli Autori a Proprie Spese (APS) ed io, mai e poi mai parteciperei ad una fiera delle vanità simile, circondata da questi soggetti fasulli che inquinano un mercato già ingolfato abbondantemente da: soubrettine, calciatori e cantanti non si sa bene perché. Che poi, diciamolo, non è che tu paghi e sei in una botte  di ferro. No. Il post pubblicazione resta comunque tutto sulle tue spalle. Presentazioni, reading e finanche la distribuzione che, con questi soggetti truffaldini, è pressoché inesistente, se consideriamo che il romanzo è di norma, disponibile nelle librerie PREVIA PRENOTAZIONE. Quindi grazie, ma no grazie. Ciaone proprio, case editrici a pagamento.
Allora penso, ho bisogno di un agente letterario. Apro internet, faccio le mie ricerchine e trovo l'agenzia letteraria dei miei sogni. Già mi vedo con il mio completo tailleur (non possiedo tailleur e non so perché mi immagino in questa veste) parlare col mio agente che crede in me e mette a frutto la sua ventennale esperienza nel settore per permettermi di pubblicare con la casa editrice giusta. Poi, però, qualcosa mi distrae. Le parole scheda di valutazione inediti, rapiscono la mia attenzione. Devo averla. In sole quattro settimane, per la modica cifra di 427 euro (iva inclusa) avrò una scheda completa della mia opera.
Bisogna fare due conti. Quattrocentoventisette euro, sono tanti o sono pochi? Sono pochi, ho già deciso. O meglio, sono tanti in linea di massima, ma la vita è fatta di priorità. Per qualcuno la priorità è mangiare un Magnum algida, per me, è ricevere una scheda di valutazione del mio inedito. Stacco un assegno (non accettano bonifici), stampo il romanzo e spedisco.
Le quattro settimane più lunghe della mia vita passano, lente, ma passano. Finché un giorno, non arriva la scheda tanto attesa. Devo rileggerla un paio di volte per capirla. Sembra, che l'intero romanzo sia stato demolito e invece, a ben guardare, non è così.
La situazione è più o meno questa.
AMBIENTE da cambiare (in origine, Eva era ambientato sulla east coast degli USA, infarcita di riferimenti pop a serie televisive e sogni di letture passate, nella sua versione definitiva invece, il romanzo, è ambientato in una piccola cittadina della Maremma Toscana.  Un saltino niente male). Il segreto, mi dice il lettore professionale, consiste nel parlare di luoghi e società che ben si conoscono. Mi sembra ragionevole, certo a meno che tu non sia Proust che ha scritto Alla ricerca del tempo perduto, senza mai uscire di casa, ma quello è un genio e di geni ne nascono tipo uno su un milione, no? Nonè di certo il mio caso.
PERSONAGGI da approfondire. Buon ritratto psicologico. Particolare interesse potrebbe destare la figura del nonno.
LINGUAGGIO notevole sia in parti descrittive che in dialoghi e in fine anche complimenti per essere riuscita ad elevare la narrazione dai soliti tòpos un po' inflazionati del genere chick lit.
In definitiva però, come sospettavo, il libro non è pronto alla pubblicazione. E meno male che le Case editrici a pagamento, avevano tutti avanzato proposte editoriali senza minimamente toccare la storia. Ma lo avranno letto, secondo voi? Continuo a chiedermelo ancora oggi.
Bene, mandare in valutazione il romanzo è stata la scelta più giusta. Ora basta riscrivere l'intero romanzo. L'unico problema, è che devo lasciarlo riposare un po'. Devo depurare il mio cervello da ogni frase scritta e ripartorirla. Facile, no? Devo solamente dare nuova vita alla mia Eva.
L'ho fatto, ci è voluto un altro anno. A quel punto, mi dico, devo rimandarlo in valutazione ancora. Ora, io non voglio essere pignola e polemica, lo giuro, ma secondo voi, uno che ha già mandato in visione un inedito e ricevuto scheda di valutazione, poi a correzioni apportate lo rimanda in visione, deve pagare daccapo i 427 euro? Ma anche, no! Non l'ho fatto, non solo per i 427 euro che ora mi sembravano una cifra spropositata, ma anche perché qualcosa mi diceva, che un'altra scheda mi sarebbe arrivata, con altre correzioni ed il gioco sarebbe potuto andare avanti per sempre a rilanci di 500 euro. E' come la storia delle case editrici a pagamento, no? Non vedo etica personalmente, in un agente che si fa pagare per leggere un libro. Ma diamine, forse sbaglio.
E quindi niente, la situazione era più o meno questa. Una catastrofe di dimensioni bibliche. Case editrici tradizionali, una sorta di mostri immobili, inavvicinabili. Dice, loro fanno scouting sui blog, sulle riviste on line. Ok, ma io scrivo romanzi, non so tenere un blog (e voi amici che mi leggete potrete di certo testimoniarlo) e non so scrivere articoli (anche qui, ho capitolato. Sono in attesa di iniziare una collaborazione con dei tipi fighissimi).
L'editoria a pagamento, non fa per me.
Con le agenzie letterarie, sembra di dover accendere un'ipoteca su una carriera non ancora partita e chissà se mai lo farà.
E' stato a quel punto che ho scelto la storia del self-made man di Crusoe. Lo ricordate? Certo, lui è un borghese del '700 inglese e io , una che scrive, ma le basi sono le stesse. Libertà, indipendenza, sudore e spirito di avventura.
Da quella decisione  in poi, (avvenuta poi parecchi anni dopo, ma questa è un'altra storia) tutto è stato più veloce e facile.
Ho scelto la piattaforma Narcissus ( https://www.narcissus.me ) e in un solo click completamente gratuito, Eva ha ricevuto il suo codice isbn. Se hai un isbn, hai un libro e boom! in circa 48 ore, tutti gli store on line (non solo i grandi colossi) vendevano il mio romanzo. Eva, era finalmente fuori dalla mia testa. Inutile dire, che ora sono intenta alla progettazione del mio secondo romanzo. Si intitolerà "Ne vale la pena" e si spera non debba attraversare il calvario di Eva e l'assoluto.
Non mi sono mai pentita di aver scelto la strada de self publishing, ma a volte, in questa cosa del post produzione, mi sento tremendamente sola. Questa è una fase tanto più tosta del travaglio creativo e soprattutto, richiede altissime competenze.
Hai a che fare con report di vendita, e tante porte in faccia da blogger (per fortuna non tutti) che non recensiscono autori auto pubblicati un po' perché fa poco figo, insomma non è come ricevere in lettura un romanzo non ancora sul mercato di una grande casa editrice, lo capisco e un po' perché dicono di aver avuto cattive esperienze, di romanzi illeggibili. Come dire in pratica che, ogni libro letto edito da una casa editrice, è stata un'esperienza di lettura indimenticabile. Ma di cosa stiamo parlando?
E poi c'è il marketing, io sono proprio negata in questo senso. Ho un blog che non riesco a indicizzare sicché fate voi. E la social reputation che, mio malgrado, devo curare da me ed è difficile credetemi quando non si è popolari, ti devi inventare prezzemolino e in ogni caso sempre molto attiva sui social network quando si suppone tu abbia anche un lavoro, famiglia, casa, una vita insomma. Ma non mi lamento, ogni volta che ricevo dall'etere un segnale positivo, il cuore si riempie di gioia e le fatiche diventano un ricordo lontano. Ah, poi ci sono le librerie che ti rifiutano le presentazioni perché sei self published, vedi blogger, il discorso è il medesimo con in più da parte loro, che se sei auto pubblicato non porti gente. Ah bada, io facevo la serata da te per giovare anche del TUO pubblico. Andiamo bene, andiamo.
Tutto questo fino ad arrivare ad oggi, ad una libreria di Napoli che mi risponde nella persona dell'organizzatore eventi "Devi pubblicare con i grandi, col self non vai da nessuna parte. Il mercato lo fanno loro".
Ma no? Ma davvero? Il problema è proprio questo, non si era capito?

Le tre fasi della scrittura, o anche, scappa e prendi un libro di algebra, credi a me.

L'altro giorno mi è stato chiesto di descrivermi come scrittrice. Facile, ho pensato, io non una scrittrice. La verità, non mi stanco mai di dirlo, è che io sono, semplicemente, una che scrive. Non lo faccio nemmeno più in maniera compulsiva come quando, non avevo Virginia e trascorrevo la maggior parte del mio tempo nel favoloso mondo delle idee. Ora che devo ritagliarmi spazio e tempo, scrivo in maniera quasi programmata e dico quasi perché spesso, non riesco neppure a seguire i programmi. Diciamo che sono una che scrive appena ha un minuto per se stessa.
Se anche però io avessi tutto il tempo del mondo per scrivere, comunque non potrei sentirmi scrittrice. Per diventare scrittori, bisogna attraversare una fase di consacrazione? Chi ci conferisce questo titolo? L'esperienza? Il fatto di vendere delle copie dei propri libri? O semplicemente l'atto in sé di scrivere storie?Non lo so.
Parlare di scrittura,non è mai facile. Molti in internet (e non solo), lo fanno con un po' troppa leggerezza. E' abbastanza comune, trovare blog in cui ti dicono, vieni, leggi me, io sono l'esperto di scrittura, salvo poi scoprire, che le quattro scempiaggini scritte sui loro blog, sono parte di quelle verità assolute di cui, solo gli stolti e gli insicuri sono alla ricerca. La ricetta magica per perdere 20 kg in un solo giorno, roba di questo tipo. Avete presente? Ma dico io, un po' di onestà intellettuale, di umiltà. Sono doti davvero in disuso in questa società di super esperti nascosti dietro i loro schermi.
Io sono un'italiana media. Dio che bella dote la normalità. Scrivo più di quanto leggo. Vorrei poter vivere di quel che scrivo, ma a trentatré anni, posso, con relativa certezza, dire che non diventerò un campione di vendita. Eppure, non per questo posso accettare di scendere a compromessi, quando farlo significa, svilire il mio lavoro. Ma questa è un'altra storia e ne parlerò un'altra volta. Ora mi preme dire altro.
Scrivere un romanzo non è così facile come sembra. Non è che una mattina ti svegli, la Musa ti bacia e boom hai scritto la storia del secolo. E' più un discorso che attraversa almeno tre fasi conclamate (questo per lo meno, è il mio caso) .
Eccitazione: in questa fase, mi sento un essere soprannaturale. Ho il dono della parola scritta. L'universo mi ama. La farfalla si posa sul fiore nel momento esatto in cui io sto guardando quel fiore. Sono in Matrix, lo so. Pillola rossa o pillola blu? Faccio parte di una casta di eletti. Insieme governeremo il mondo. Convinceremo l'umanità  a leggere. Le librerie saranno luoghi mistici di adorazione per tutti (non solo per alcuni strambi tra cui la sottoscritta) e soprattutto nessuno, NESSUNO dovrà più subire l'onta di trovare nella vetrina di una libreria un cantante di Maria de Filippi o un lacchè qualunque di Maria de Filippi. Insomma, Maria de Filippi potrà andare anche a cagare nel mio mondo post-eccitazione. Lo so, è follia. Nessuno mette Maria de Filippi in un angolo (cit.), ma amici, questa è solo la prima fase, aspettate di arrivare alla terza.

Concentrazione: ogni nervo del mio corpo, ogni neurone e sinapsi del mio cervello, tutto di me, è teso alla creazione della storia che ho in mente. Incipit, culmine e finale. Tutto già scritto con le parole perfette della mente. Le conoscete? Se non le avete mai incontrate, vi prego, scappate il più velocemente possibile. Aprite il primo libro di algebra che vi capita sottomano e buttatevi nel mondo dei numeri perché, le parole della mente, sono doppiogiochiste. Sono delle stronze se mi consentite il francesismo. Sono quelle parole che ogni scrittore ama e teme. Quelle che quando stai immaginando la storia ti solleticano dietro la nuca. Le parole perfette. Quelle per le quali, non esiste necessità di sinonimi, parafrasi o altro. Sono l'essenza definitiva e assoluta di quello che volevi dire. Quelle per le quali, ringrazi Dio o chi per lui, per essere nato in Italia ed essere capace di parlare la più favolosa lingua del mondo. Poi apri il computer, il foglio elettronico ti si apre davanti e puff! Sparite. O meglio, le metti per iscritto e come per magia, non significano più un cazzo. Francesismi con la pala su questo blog, amici.

Depressione: non sono nessuno. Non sono uno scrittore, non sono nemmeno una persona intelligente. Non riesco ad esprimere quello che voglio dire, no, anzi, non voglio dire proprio niente perché non ho la capacità minima comune dell'essere umano, di formare frasi di senso compiuto. BASTA, BASTA, BASTA, non scriverò mai più in vita mia. Nemmeno per fare la lista della spesa, tanto la lascio sempre sul banco della cucina. Vedi? Sei una cretina, chi scrive una lista della spesa per poi dimenticarla? (TUTTI, risposta che mi darò solo nella prossima fase). In fondo, ho già un lavoro, ho una famiglia a cui badare, una casa.
Sì, basta (chiudendo con disprezzo il computer) non ho bisogno di scrivere per essere felice. Mi basta una carta di credito come alla maggior parte degli esseri umani quando è giù di morale. Esco, compro la cosa più inutile che possa essere stata creata e felice me ne torno a casa. Ancora credo di non voler mai più scrivere. La storia, quella è sempre nella regione del mio cervello abitata dai volti che ho incontrato in trentatré anni di vita di sfuggita. Il tizio in treno, la donna che usa l'iphone in spiaggia come specchietto, i due ragazzi che si baciano, il belloccio che si sente Brad Pitt e invece non arriva nemmeno ai livelli di Gabriel Garko che, voglio dire,questa gran cosa non è così via, fino ad arrivare ai personaggi della storia che mi frulla nel cervello in questo momento. Sono onde che vanno e vengono, si infrangono rumorose dietro la mia nuca e chiedono di essere ascoltate.
Queste sono le tre fasi che di norma attraverso quando devo scrivere una storia. Come vi raccontavo, amici, sono tre le fasi conclamate. Queste fasi possono sfociare solo ed unicamente in due grandi mari: il successo o il fallimento. Spesso le storie che immagino restano a farmi compagnia per un po'. Sembrano buone, interessanti e vivono lungo il corso di venti o trenta pagine di word. Alla fine però, muoiono lì. Appese come i panni freschi di bucato. Profumano di buono, ma se non li stiri non li puoi indossare. A meno che tu non viva negli USA, ma qui in Italia, noi si usa ancora stirare. Purtroppo. Altre volte invece, le trenta pagine diventano cinquanta, poi novanta e per magia sei a cento e allora ti rendi conto che quella storia è diventato un libro e questa, amici, è la sensazione di potenza più esaltante che un essere umano possa sentire. E per quei momenti appena prima di capire che sì, stai scrivendo un libro, che ogni volta supero la depressione e mi dico, fanculo! Se incontro uno che non dimentica mai la lista della spesa a casa io lo evito. E' un tipo sospetto!

Sono donna ergo bugiarda, aka le bugie che devi conoscere per sopravvivere ad una vita da donna.

Noi donne mentiamo. Questa frase, lo riconosco, può sembrare, lo slogan adatto ad un gruppetto di maschilisti, ma leggete con attenzione. Noi donne (in verità noi essere umani,ma sono donna e mi occupo del mio genere) mentiamo. E' la società, che ci ha insegnato a farlo in certi casi, in altri, è lo spirito di sopravvivenza.
Da bambina, menti quando, siete pronte per uscire di casa e tu dici a tua madre che non hai bisogno di fare la pipì. Sei pigra e poi il water è così alto. Allora tua madre ti da fiducia, perché è una buona madre e non vuole ledere la tua autostima, uscite e zaac devi farla, ma tu, stoica sin da piccola, in quanto donna e, di strada ne hai da farne, tesoro, la tieni, il tuo perineo, che ancora non sai nemmeno di possedere, è in splendida forma , quindi, metti su un'improbabile danza del ventre, tua madre ovviamente lo sa, ma vuole vedere fin dove vuoi arrivare. Inutile dirlo,  alla fine sei costretta ad accovacciarti dietro un albero. Scema, falla a casa, ascolta un'amica!
Da ragazzina, menti quando, le tue amiche sono tutte oltre il confine della prima mestruazione e tu no, allora dici che sì, ovvio che l'hai avuta anche tu. Oppure menti perché, al contrario, sei l'unica oltre quel confine e cerchi disperatamente di tornare indietro perché non eri pronta a lasciare le bambole così presto. In ogni caso, l'ormone ti porta alla bugia.
Da adolescente menti sulle stesse questioni maschili, quali:
  • sigarette: tu giuri e spergiuri di non fumare. la tua camera grigio Londra, palesa la menzogna agli occhi di tutti, ma sei nel pieno della fase fottesega, hai 15 anni quindi "Cazzo, non fumo!". Un alieno è entrato dalla finestra, ha detto di essere sulla terra per uno studio sulle nostre abitudini. Ha preso dal tuo zaino le sigarette DI CLAUDIA, se n'è accese un paio et voilà il fumo. La balla regge alla grande. Nella tua mente l'unico anello debole è Claudia che non fuma, ma fottesega, tua madre nemmeno la conosce ancora Claudia che inizierà a fumare verso i 18 anni, ma questo è irrilevante.
  • canne: tua madre- hai provato a fumare una canna?
    tu- No, mamma, ma che come ti viene in mente? sguardo colpevole che ruota vorticosamente e ridarella isterica. Mettiti di tua spontanea volontà una tuta a strisce bianco e nere che fai prima. Ciaone proprio.
  • Alcol: tua madre- ma in quel bar dove vi ritrovate vendono alcol ai minorenni?
    tu- Seeeee, io con la mia 5000 lire di paghetta- da dividere probabilmente con tua sorella- (voglio dire, questo potrebbe o non potrebbe essere un ricordo della mia adolescenza) compro solo una coca cola e poi tutti gettoni per il video game Bubble Bobble.
    Nel momento in cui, senza alcuna domanda posta, spieghi cosa te ne fai della paghetta, stai automaticamente dichiarando la tua colpevolezza. In più la coca cola ti fa schifo e tua madre lo sa e sei la negazione ai video game e questo lo sanno proprio tutti.
Da giovane donna, affini l'arte della menzogna. Hai venti anni e la prova costume inizia ad essere un argomento che irretisce anche te che, fino a ieri, avevi tutti i neuroni funzionanti ed al loro posto.
Tua madre- hai mangiato all'università?
Tu- sì (senza perderti in digressioni, tanto lo sai che ti chiederà cosa, visto che brava bugiarda sei diventata?)
Tua madre- Cosa?
Tu- (sorriso compiaciuto) un panino provola e crudo con Mara (una tic tac, un caffè e un pacchetto di marlboro light).
Scema! Hai fatto un danno solo a te stessa, non a tua madre, ma hai 20 anni, non lo puoi capire, forse, non lo devi ancora capire.
Ancora:
tu- mamma dormo da Claudia stasera. (ti ricorda qualcuno, amica?) Poi fai una figlia e scopri che non solo a venti anni era una decerebrata irresponsabile, ma anche fortunata! Avresti potuto incontrare un maniaco e non un fidanzato normale con il quale credevi di dover vivere per l'eternità stile Delena (sì, muoio per the vampire diaries) e invece hai preso a calci in culo dopo un po', ma hai 20 anni, lo capisco, vivere una relazione poco salubre è da manuale. Sei nel pieno del tuo all in.
Poi, arriva, è ragionevole pensare verso i 25 anni, l'età adulta. Io sono un po' lenta e il processo ha impiegato proprio un quinquennio intero, a 30 però ero adulta.
Hai una laurea in tasca che non usi, hai scelto l'uomo giusto (e non sai nemmeno tu come hai fatto) ti sei sposata, avevi giurato che non l'avresti fatto, ma, di nuovo, le donne mentono. Insomma, a 30anni cosa c'è ancora da mentire, mi chiederai? Si suppone tu sia adulta e vaccinata. Voglio dire, hai una tua casa, sei indipendente e invece... le donne mentono, poi non dire che non ti avevo avvisata!
Hai un lavoro, una casa, un uomo, una pseudo vita sociale e SOLE 24 ore di tempo al giorno, ovvio che menti! Devi mentire. E' lo spirito di sopravvivenza di cui ti parlavo all'inizio del post, che te lo impone.
Tu e il tuo uomo lavorate entrambi,ma tu hai la sventura di rientrare prima a casa. Ok? Quindi la cosa va così, non provare a negarlo.
Amore telefona.
A.- tesoro, che si mangia stasera? Hai cucinato?
Tu- Certo!
Non è vero, sei ancora col culo sul divano a spippolare sull'iphone. La verità, quel corpo estraneo alla tua bocca donna, è la seguente: fino a quella telefonata non avevi nemmeno immaginato che si dovesse mangiare, perché ehi, non è mai stato un tuo problema, ma di tua madre. Devi smetterla di pensare che il piano fuochi della cucina esista solo per il caffè della mattina e che tua madre presto o tardi imparerà a cucinare per via telepatica. Quindi ti alzi, mi sembra di vederti, apri una busta di insalata, aggiungi, sale, olio e limone (perché al tuo uomo pice il limone e tu sei una buona compagna) , apri due scatolette di tonno e la cena è servita! Con l'esperienza poi, imparerai ch el'insalata va condita quando amore è a casa o si ammoscia. :)
Poi diventi madre. Amica, queste sono le menzogne più grandi  che dirai, perché è la società ed un manipolo di bigotte che te lo impongono. Dirai che la gravidanza è uno stato di delizia e di salute! BUGIA, BUGIA, BUGIA. La nausea, i piedi affetti da elefantiasi e la pancia così grande da renderti impossibile la visione della punta dei piedi TI FA CAGARE, dillo. Sei normale, tranquilla. Menti pure, lo facciamo tutte, ma poche di noi lo ammettono.
Quindi, l'erede viene al mondo e ok, il tuo cuore capitola come non farà mai più, a meno che, tu non sia così folle, da farne un altro, perché, mi dicono, in quel caso, il cuore raddoppia (altra bugia del sesso femminile? Non lo so, non ti posso aiutare. Ne ho una e sto bene, banco). Ti dici che in questo rapporto, non ci saranno bugie, solo candore. Stai mentendo in quello stesso istante. Di bugie, amica mia, dovrai dirne a tuo/a figlio/a e anche a più riprese. Quando ti vedrà esausta e triste a causa sua (poppate, mesi di insonnia sono solo due delle gioie della maternità) tu gli racconterai una balla che riuscirà a non far dubitare tua figlio o tua figlia del tuo perfetto e imperturbabile stato di felicità. Gli mentirai quando lo porterai a fare il primo vaccino, distraendolo con un pupazzo qualunque mentre il dottore gli fa la siringa, anzi, le siringhe e gli mentirai più o meno lungo tutto il vostro cammino, dicendo a te stessa e quindi a lui/lei che sei totalmente certa di quello che stai facendo. Bugia enorme, la maternità è la cosa più spaventosa ed il percorso meno chiaro che affronterai mai nella tua vita, ma va bene così, per fortuna hai tuo figlio/a che saprà condurti alla grande. Impara solo a fidarti di lui/lei. Io, sono un pessimo esempio. Sono una madre nevrotica, segnata dalla paura dell'abbandono talmente tanto, che  sommergo Virginia di attenzioni e baci che nemmeno mi chiede, povera stella. E le dico tante balle. A mia discolpa, Virginia è una bambina mentalmente impegnativa. A due anni, appena cioè, ha imparato a dire perché, è iniziato il mio calvario. Mento per disperazione. I nostri dialoghi sono un susseguirsi di perché e rischiano di portarmi spesso e volentieri alla neuro, così le mento, invento storie è questo quello che faccio. E' questa la mia tecnica, ogni madre ha la sua. Conosco mia figlia. Il mondo dell'immaginazione è il suo posto. Allora, quando sento che quel perché è l'ultimo che riesco a reggere con una conversazione razionale, parte la storia e lei, in qualche modo, trova pace. Si cheta. Quindi ecco il mio consiglio. Menti e crea un mondo pieno di fantasia e storie belle da immaginare per tuo figlio/a, tanto il mondo è un posto infame e molto presto toccherà lasciarlo/a camminare da solo/a, per lo meno, avrà un bagaglio di storie da raccontarsi quando la vita gli sembrerà insopportabile.
Con "amore" che, ormai già sa, che sul tema cucina e affini, sei una bugiarda patologica, sai, dentro te, di non aver più bisogno di mentire. E' il tuo porto franco dalle bugie. Eppure amica mia,  ci saranno momenti da ora in poi in cui gli mentirai. Lo farai, paradossalmente, perché lo ami tanto, troppo e non vuoi si senta escluso dall'orbita del tuo cuore che, a sua volta, orbita ormai solo intorno all'esistenza del tuo erede.
Amica, non ti voglio mentire, almeno tra di noi, diciamoci le vere verità del nostro bellissimo universo femminile.
Se sei diventata madre da poco, anzi, mi correggo, se solo hai partorito da un tempo indecifrato, ci saranno momenti in cui la tua stessa femminilità ti sembra una grossa bugia. Momenti in cui sarai solo l'ombra della donna che eri e in effetti, amica, non sei più quella donna, sei tanto di più. Sarai stressata, impaurita, nervosa e soprattutto stanca perché casa, figli, marito, lavoro... la vita insomma. Tuo marito che ti ama, ti cercherà. Ad un certo punto, lui reclamerà la vostra vecchia intimità. Lui ancora non sa che, quell'intimità ormai e morta e sepolta. RIP. Allora amica, tu mentirai e fingerai di voler anche tu quell'intimità. E lo farai. Lo so, ora stai leggendo e penserai MAI E POI MAI, ma fidati lo farai perché tu e "amore" in questo momento siete su due livelli di intimità diversi.  A te interessa quello mentale, a lui quello fisico e sappi che più invecchierete, più sarà così. No, non dico che la maternità rende asessuate, per niente, ma cambia qualcosa nel nucleo del tuo essere più profondo. Sei madre. E' un processo irreversibile. Lo so, suona banale, ma amica, dillo comunque a te stessa, ti aiuterà. Sei madre, hai ospitato per 9 lunghi mesi un altro essere umano dentro il tuo stesso corpo. Dio mio, è pazzesco solo scriverlo. Hai rinunciato al naturale possesso di te stessa per 9 mesi. Hai condiviso sangue, aria, cibo e acqua con un altro essere che viveva dentro te stessa. Quale uomo sarebbe capace di tanto? Quale uomo potrà mai provare questa intimità con un altro essere vivente? Capisci ora, perché dico, che il tuo concetto di intimità si è spostato? Devi solo scoprire una nuova intimità con il tuo "amore". In qualche modo la gravidanza, ha estromesso il tuo cervello, dal suo ruolo di padrone del tuo corpo, che aveva sempre esercitato. Diciamo che il tuo corpo, in qualche modo, è in comproprietà con tuo/a figlio/a. Tornare a vedere il tuo corpo come un semplice agglomerato di carne e ossa e non, come un tempio sacro, è un procedimento lento. A volte richiede anni. Alcune donne non smettono di pensare a se stesse come un posto sacro, dove l'intimità reale è solo quella che si instaura con il proprio inquilino :) Personalmente ci sto ancora lavorando. Dopo il parto, mi sono presa il mio tempo. Be' diciamo che la natura che è donna, ci da una mano in questo senso ;P Dicevo ho impiegato tempo a ritrovare mio marito. Per un po', tutto quello che vedevo era il padre di Virginia. Non ho mai smesso di amarlo, ma ero come dire, una neofita di questa nuova prospettiva dell'intimità e poi, ho allattato Virginia per 19 mesi, questo non rendeva il mio ciclo ormonale proprio quello di un tempo :) poi qualcosa è cambiato. Gli ho mentito? Sì, perché lo amo e volevo tenerlo stretto a me. Lo rifarei? Sì, perché grazie a quel paio di bugie dette a quel tempo oggi siamo una coppia più forte. Ci diamo appuntamento di pomeriggio come due adolescenti e ho fatto pace col fatto che lui è uomo, non è colpa sua se non può capire i tumulti e le fragilità a cui la maternità ci sottopone.
Voglio solo dirti che, va bene così. Prenditi il tuo tempo. Nel frattempo vai incontro al tuo "amore" e fa quello che fanno tutte le donne dalla notte dei tempi (anche se, non si perché non sta bene ammetterlo) menti. L'appetito vien mangiando, non lo sai?
Vorrei dire qualcosa tipo, vedi? Mentire è normale e non è così sbagliato se lo fai per le motivazioni giuste, ma mentirei ancora e ancora e ancora. Mentire è sbagliato, ma forse questo non è mentire, forse questo è solo vivere.

P.S. A mia figlia Virginia, vorrei dire, sei nei guai bambina, ogni bugia che mi dirai, io l'ho già detta. Stai in campana, baby.

Veg o non veg?

Lo so che anche tu che stai leggendo, hai l'amico vegano. No, non sei tu il vegano, perché se lo fossi non frequenteresti il mio blog, ma quello di un altro vegano. In fondo, lo capisco, l'alimentazione per voi è una religione. Io sono stata educata e cresciuta da mia madre, ormai l'avrete capito tutti, è onnipresente nei miei post. Lei mi ha sempre detto :"Si mangia per sopravvivere" e quindi io sono venuta su con l'idea che mangiare, significava nutrirsi, punto. Poi sono cresciuta e ho scoperto gli aperitivi e allora ho capito che mangiare significa accompagnare un prosecco in compagnia di un'amica! No, dai mamma, giuro non sono un'alcolizzata! Scusate, è un gioco tra di noi.
Insomma, la settimana scorsa c'è stato il sole quasi tutti i giorni, la temperatura era gradevole, intorno ai 20° e allora, cosa fa una qualunque donna dopo i trenta?Si guarda allo specchio, uno sguardo al giorno basta, tanto lo scempio è sempre lo stesso e decide di uscire dal letargo. Questa è un'operazione delicata. La donna media post 30, si  muove su più livelli.
  • dieta drenante obbligandosi a bere 4 lt di acqua al giorno quando fino al giorno prima bevevi due caffè al mattino, un aperitivo alle 19 (perché a quell'ora hai bisogno di innescare l'udito selettivo delle tate al nido) e due bicchieri di vino a cena per far compagnia a tuo marito.
  • prima colazione con bicchiere di acqua e limone e bifidus actiregularis con la pala. Così tra un secolo circa ti verrà il ventre piatto della Marcuzzi.
  • ceretta alcune donne (e ahimè anche alcuni uomini) sono ossessionati dal glabro. Non lo comprendo. Forse perché per natura non sono pelosa, ma credo che se la natura abbia posto dei peli in determinate parti del corpo umano, una ragione ci sarà e poi diciamoci la verità, fa male. LA CERETTA FA MALISSIMO! Non è come un tatuaggio che tu vai incontro al dolore, lo fronteggi e poi ti ritrovi un bel tatuaggio,no! Qui la storia è diversa. Già che entri dall'estetista e questa ti mette in posizioni da Kamasutra e ok, la visuale deve essere quella giusta, ma poi ti cola della cera bollente sul corpo, strappa via insieme ai peli uno strato di derma e poi non ci ricavi nulla! Non ti ritrovi nulla sulla pelle. Pensateci.
  • abbonamento solarium per dieci lampade, l'undicesima gratis e non si sa perché alla decima non ci arriva nessuno.
  • shopping compulsivo. Non importa di cosa tu abbia bisogno. Primavera è stagione di acquisti. Le giornate si allungano, la temperatura si fa più mite, una passeggiata ti costa almeno un cinquanta euro, perché con questo caldo che fai un gelatino non lo compri? E sono i primi 2€, due metri più in la una profumeria. Ok, non compro nulla, solo scrocco sulla prova profumi e ti ritrovi ad aver invece acquistato shampoo, balsamo, un improbabile bagno doccia alle bacche di Goji (che fanno bene, ma anche schifo, quindi ripieghi sull'utilizzo esterno dei loro benefici) e siamo sui 30€ come minimo e poi che fai non ti fermi ad acquistare quel gonfino che in tutto indosserai solo due volte perché tra dieci giorni farà troppo caldo per indossarlo? Certo che lo compri! Ed ecco che si è arrivati a 50€. 
Da qui, il mio acquisto di un estrattore a bassa velocità. Insomma, basta non ho più 20 anni. E' inutile che io finga di essere su quei livelli. Ormai sono passata alla crema base trucco e la crema antirughe la sera con relativo tonico lifting per la zona occhi. Si cambia vita e alimentazione. La cosa però pensavo fosse più semplice. Sono un'accanita mangiatrice di frutta secca da sempre, punto mio per la dieta vegan. Verdure e insalate, come sopra. Frutta, sono pigra. Se mamma sbuccia... hihi dal 2011 poi, cioè dal mio matrimonio, aspetta era il 2011?? Comunque, da allora non mangio frutta in pratica. Mi dico, ok ce la puoi fare Michela, lo devi fare oppure smetti di fracassare i maroni di tutti con la storia che Virginia non mangia abbastanza frutta e verdure, sii tu il giusto esempio e così spendo 200€ circa per un estrattore di frutta e verdure, questo, l'estate scorsa. I primi tempi viaggio sulla cresta dell'entusiasmo, sono tonica, sono vegana (nel senso che mi facevo i succhi verdi), sono un'ambientalista, giuro che non baro mai più con la raccolta differenziata. Poi è arrivato settembre. La pioggia, il freddo e il mio estrattore è tornato nel mobile. Al suo posto una mini cantina, di quelle che si posano direttamente sul top della cucina, avete presente? Scherzo, aspetta, scherzo davvero?
Ma poi è arrivata di nuovo la primavera e complice il terribile anno che è stato il primo anno di nido di Virginia, dal punto di vista della MIA (per fortuna non sua) salute, ho deciso di dare un'altra possibilità alla storia del vegano, o quasi.
Vado su internet e inizio a documentarmi. Caspita c'è una miriade di siti e blog sull'argomento. Ok, sarà facile allora. Pian piano che leggo, vedo salsicce e friarielli abbandonarmi sempre più. Ok i frarielli restano, ma cos'è un friariello senza una salsiccia? Questa visione, mi turba, ma decido di andare comunque avanti. Sono di esempio per Virginia, mi dico. Intanto i blog mi raccontano ognuno la loro verità. Il mondo è come te lo immagini, giusto? Peccato che in questo caso, la fantasia prenda troppe volte il sopravvento, o questo oppure cari vegani siete da rinchiudere, perché non è possibile che un sito riporti una tabella di cibi divisi tra acidi e alcalini e il sito dopo mi proponga una tabella diametralmente opposta! Ciaone proprio. L'unica verità assoluta. L'unico elemento di pace. Il quid che mette tutti i vegani d'accordo amici miei, è il limone. Tutti concordano che il limone sembra acido, ma in realtà è alcalino. Un false friend, avete presente? Ma potrai mica cibarti di limoni? Voglio dire, è vero, se la vita ti offre limoni, tu facci una limonata, ma poiché la mia forma mentale è più limoni= sale e tequila, non so come procedere, capite?
In ogni caso, niente, neppure i limoni mi hanno fermata. Sono in fase detox. Non mangio carboidrati semplici da una settimana, mangio solo Kamut. Questo mi rende una persona migliore? No, solo molto triste. Latte e derivati sono avvantaggiata, non li mangio dal 2009. Carne e pesce. Ok, io ci ho provato. Il mio corpo dopo un po' cede. Da adolescente sono stata vegetariana (seriamente) per un anno intero (roba che non compravo nemmeno gli snack al distributore per paura di contaminazione con grassi animali, le etichette, all'epoca, erano molto poco chiare), ma poi ho avuto seri problemi di carenza di ferritina per i quali, ho dovuto riprendere a mangiarla e la sensazione della mia prima salsiccia dopo dodici mesi, non la dimenticherò mai più. Il mio corpo esprimeva una sola cosa: gratitudine.
La mia migliore amica, Claudia ve l'ho presentata in qualche altro post, è vegetariana, lei sta bene così, ma Cristo Sante non rompe il cazzo se ti vede mangiare un animale morto! Se vai a cena con uno vegano, ma chi prendo in giro? I vegani non ci vengono a cena con un onnivoro e se ci vengono, si mangiano due verdure alla piastra e ti guardano disgustati per tutto il resto del tempo!
E poi il costo... ragazzi siete mai entrati un supermercato bio? No dico, scusa tu ragazza della cassa, ma vedi scritto Beyoncé sulla mia fronte? Come puoi vendermi un pacco di semi di zucca da circa 250gr a 6.00€ ? Dice, l'alimentazione vegana fa dimagrire e ti credo, digiuni!
In ogni caso, questo è quel che penso dei vegani. Ognuno è libero di mangiare come diavolo vuole. Anche noi, quindi smettetela di rompere le balle e andate a mangiare qualche altro semino!

30 anni e due rughe

Stamattina è accaduto l'inevitabile.
Chiaro, lo sapevo, che presto o tardi, sarebbe accaduto anche a me, ma mi cullavo nella beata ignoranza di quelle donne che, sanno per esempio, di essere incinte e di dover in un lasso di tempo mai abbastanza lungo, andare incontro al più forte dolore che sentiranno mai nella loro vita, ma lo fanno comunque perché, appunto, non lo sanno.
Ho ragionato un po' come fanno gli epicurei, avete presente, quei geni incompresi per i quali la morte non era poi un gran problema, giacché quando c'è lei noi non ci siamo e quando invece ci siamo noi lei non c'è. Già, proprio così. Salvo poi pensare che:
A) non è affatto detto che si muoia nel sonno arrivando così al giusto dualismo presenza/assenza, al contrario possiamo anche andare incontro ad una morte efferata e forse sì rapida, ma può anche capitarci una lenta morte in agonia. Che culo! Epicuro, questa non l'avevi contemplata, vero?
B) Noi possiamo anche non esserci, ma qualcuno dietro lo lasciamo sempre e quel qualcuno col cazzo che si consola con le stronzate epicuree, quindi no, se lo chiedete a me, Epicuro era un gran coglione.
Ecco, più o meno allo stesso modo, si è smantellata la mia intera visione pseudo epicurea delle due rughe che ho ritrovato questa mattina accanto alla mia bocca e, conseguentemente, dii tutto il mio corpo da trentenne madre.
Più o meno è andata così, mi sono svegliata di buon ora come sempre, (tanto ormai lo sapete tutti, Virginia, mia figlia, ha deciso che non solo si dorme con mamma e papà, ma lo si fa in diagonale occupando così lo stesso spazio di un uomo obeso di circa 120 kg e lasciando mamma e papà ai margini del letto, proprio lì dove ci sono i cordini del materasso, avete presente? Sì, proprio lì, per terra, in pratica) ho messo su il caffè (donna saggia, prepara la moka la sera perché lo sa che al mattino non può farcela) e sono andata al bagno a fare pipì. Si può dire pipì? Mentre mi lavavo le mani, ho aperto per la prima volta gli occhi, e l'ho vista. La prima infame delle due. Lì per lì, non ci ho fatto gran caso. Ho pensato, sarà il segno del cuscino, anzi del righino del materasso, a me un cuscino non è più dato averlo di notte. Ma sapete quando una brutta sensazione si fa largo dentro le vostre coscienze? Come quando chiamate qualcuno al cellulare e quello non risponde. Controlli subito il suo facebook per vedere se è ancora vivo, poi dai un'occhiata anche whatsapp per vedere se è online, ma nulla. Allora ti monta su l'ansia, no? Dove si sarà sfracellato quel qualcuno? In quale ospedale è stato ricoverato di urgenza? Ecco, proprio quel sentimento infido di totale disillusione e sconforto mi ha rovinato il primo caffè della giornata. E come sarebbe potuta migliorare allora la giornata? Infatti, non lo ha fatto. Al contrario, ho scoperto che quelli non erano segni del cuscino e da lì in poi, un declino peggio della caduta dell'Impero Romano d'Occidente (che quello d'Oriente chi se lo è mai cagato, diciamo la verità).
La cosa peggiore è che mia madre me lo ha sempre detto.
Sei nata con una buona pelle, ma non basta e mi ha sempre riempita di creme e cremine. Alcune madri regalano alle figlie ricettari ed elettrodomestici, altre creme antirughe. E' la vita. Che poi non fraintendiamo eh, io non avrei cosa farmene di un ricettario, ma la prima volta che mia madre mi ha regalato una crema antirughe, ho pensato a quale messaggio subliminale volesse passarmi. Mi sono venute solo due opzioni:
A) Ti sei notevolmente incessita
B) Vedi di curarti di più o tuo marito se ne trova un'altra.
La seconda, la scarto di sicuro, mia madre è così femminista che non avrebbe mai autorizzato il suo cervello a pensare un'opzione così piccina. La prima però, non lo so, mi lascia qualche dubbio. E' che io non ho mai avuto (e ne sono molto lieta) la tipica mamma che la figlia è la personalizzazione sulla terra della Venere di Botticelli, no. Da ragazzina, anche io, come ogni adolescente che si rispetti, mi sentivo un mostro e come tutte cercavo conforto in mia madre, le chiedevo: "mamma, ma io sono bella?" e lei, sguardo serio come sempre, "dipende da cosa intendi per bella" e io con l'ormone impazzito che volevo solo sentirmi dire sei la più bella del mondo chiedevo, "ma perché, scusa quanti modi esistono per essere belli?" e allora lei mi tirava la filippica filosofica dell'affascinante contro il bello, che in fin dei conti, meglio essere affascinanti, perché il bello si sciupa. Coraggio, ve lo siete sentito dire anche voi, lo so. Io invece, tutto quello che pensavo era sticazzi! Hihihi, intanto ora, a trentatré anni ho una figlia mia e sto sempre ben attenta a non dirle solo e sempre quanto sia bella, perché non voglio che cresca con l'idea che BELLO=TUTTO. A dimostrazione di quanto siamo le madri che abbiamo avuto. Love you, mummy.
A parte gli scherzi, amiche i trent'anni sono uno schifo! Diciamolo, soprattutto quando a trentaré poi, realizzi di aver sprecato gli ultimi momenti di gran fioritura in attività tipo, non so, metter al mondo un altro essere umano e svezzarlo!
Stamattina ho avuto una rivelazione, giuro. Per la prima ho guardato nello specchio e al posto del mio carinissimo riflesso di sempre, ho visto una vecchia di merda! Et voilà, l'ho detto.
A parte le due odiose rughe, ma poi gli occhi. Oddio, gli occhi! Li ho sempre considerati un mio punto forte. Giusta dimensione e luccichio del fascino di cui parlava mamma e ora?
Due spaventose occhiaie già dal primo mattino, così per rendere noto al mondo,che nemmeno stanotte si è dormito e non per giusta causa. E poi non c'è più luce qui dentro. Tutto bulo, come dice Virginia. Buio.
I capelli. Ok, qui è anche un po' colpa mia. Ovviamente in gravidanza gli ormoni impazziti ti donano questa capigliatura perfetta tipo extension da 100 euro a ciocca, cangianti e corposi e tu te la godi perché ehi, sarai pure una vacca con 30 kg in più, ma avete visto i miei capelli? Poi partorisci, i 30 kg vanno via più o meno veloci lasciando dietro di loro un deserto di ciccia moscia che si riversa ai bordi del tuo corpo e tu pensi: in questo mare di adipe che mi è rimasto al posto dell'addome, appena ritrovo l'ombelico, ci rificco dentro il piercing, poi lo trovi l'ombelico e vorresti non averlo mai fatto e quindi saluti il piercing, che ti arriva come una rinuncia niente male, già dopo aver detto addio a tabacco e alcool per nove lunghi mesi e un po' ti girano le balle, ma in qualche modo lo fai, perché sei madre e la biologia sovrasta l'ego e poi ti dici, ho i miei bei capellia farmi compagnia, solo che NO, non ce li hai perché man mano che allatti i capelli cadono e resti pure stempiata!
Le gioie della maternità, poi se ne riparla se vi va, a me no.
Quindi, dicevo, i capelli, a un certo punto devastata dalla stempiatura e stanca di raccogliere capelli in ogni dove mi sono detta, cambio look. Mi è venuta così la geniale idea di tagliare i capelli e rasarmi il lato sinistro del cranio, poi per completare l'opera, visto che l'allattamento mi aveva ammosciato il riccio, mi sono detta perché non fare una permanente afro? E amiche care, l'ho fatto. Ho avuto un'estate da leone e un inverno da...
Ancora pago la ricrescita di quella rasatura conla lunghezza scema e costante appena sopra l'orecchio, la permanente è rimasta solo alle punte, quindi, fidatevi quando vi dico, NON FATELOOOOOOOOOO!
Ahia, i trenta! Un culo la mattina, tutt'altro culo la sera e qui amiche entriamo nell'annosa questione come ci si veste ora la sera, quando riesci a sfilarti i pantaloni da yoga per andare a mangiare una pizza in un ristorante che sia baby friendly ? Appena tre anni ed una gravidanza fa, avrei preso un jeans, dei tacchi (che ora non oso nemmeno indossare) una camicia e via, ma ora col sedere della sera che se ne scende un paio di cm dal mattino, ora come faccio? Grazie a Dio, per una volta la moda mi viene incontro, siamo nell'era di jeans larghi e maglie extra large, ma quelle che erano trentenni con prole al seguito, qualche anno fa? Quelle come hanno fatto? E non mi si risponda palestra, perché ho già detto che quella parola non si contempla da queste parti.
Forse se avessi compiuto 30 anni senza figlia e avessi scoperto a 33 anni queste due rughette (posto che forse non mi sarebbero neppure venute senza figlia, almeno non a 33 anni perché sarei stata meno stanca, meno nervosa e stressata e con tanto tempo in più per me), avrei reagito alla scoperta con una risata sarcastica e poi mi sarei accesa una Marlboro light, avrei drammatizzato molto meno, forse. Ma a quanti sorrisi, sguardi di amore e a quante risate con la mia amata Virginia avrei dovuto rinunciare? E allora, forse queste due rughe non sono poi così male, forse marcano il tempo che impiego nel conoscere te, adorata creatura.

Perché te lo dice la mamma.

L'altro giorno, ti ho guardata, l'ho fatto con occhio distratto, mentre preparavo la cena. Ho inclinato lo sguardo da dietro lo spazio vuoto, quello tra il lato del televisore e la colonna in acciaio del mobile che separa il salone dalla cucina e ti ho vista, seduta sul tappeto mentre chiacchieravi con le tue principesse, le coccolavi con amore con quella dolcezza che tanto ti caratterizza.
E' stato uno di quei momenti, che da grande di certo vivrai, nei quali la nostra anima (per chi ci crede) o qualche atomo esce dal nostro corpo e osserva la realtà nella quale siamo immersi per un millesimo di secondo e l'epifania ti sorprende. Durano un'eternità in un millesimo di secondo, paradossale non credi? Eppure, mia adorata creatura, restano indelebili nella nostra memoria. I tuoi quali saranno? Che tipo di ragazza prima e donna poi, sarai?
Che genere di madre sarò quando tu metterai distanza tra di noi?
Sarò in grado di farti comprendere il valore dell'essere onesti, sempre a qualsiasi costo (come lo sei adesso quando dici, brutti capelli mamma, con la stessa spietata verità sulle labbra, così devi essere).
Saprò trasmetterti l'amore per la conoscenza, l'insaziabile fame di libri, parole, idee.
I soldi, quella vile e spregevole cosa chiamata denaro, amore mio fuggi sempre da loro. Inaridiscono il cuore, spengono il cervello e la creatività.
Non seguire le mode, non inseguire le folle, ma non essere arrogante.
Sii amorevole, perché è nella tua natura. Vorrei poter mantenere nella tua memoria, vivo il ricordo di te stessa a tre anni non ancora compiuti,perché, in questo preciso momento, sei l'essenza profonda della purezza. Sei delicata, gentile e non hai il minimo schema mentale.
Non cadere nello stereotipo stupido e becero nel quale io stessa sono caduta a più riprese, della ricerca della perfezione. La perfezione non esiste, cresci con questo ben impresso nella tua mente e tutto sarà più semplice per te. I tuoi passi saranno più leggeri e non conoscerai mai l'odiosa zavorra del non essere abbastanza. Io non ti voglio e non ti ho mai voluta perfetta, perché tu sei Virginia e sei oltre. Tu sei oltre, non dimenticarlo mai.
Il Signore (per chi ci crede) o forse solo io e il papà, abbiamo fatto in modo che tu abbia un bel faccino elegante e dai contorni armoniosi, sei bella, ma sappi che non è così importante esserlo. Ci sarà un momento della tua vita, avrai più o meno 13 anni in cui sarai molto confusa, non sarai più una bimba, ma non sarai ancora una donna. Le Barbie che ora ami
tanto, le sentirai strette e scoprirai che tu non hai il loro corpo. Stai tranquilla amore, nessuno ce l'ha, sei normale. La normalità, parliamone. La normalità è sopravvalutata, non dimenticarlo mai. Ricordi il discorso sulla perfezione? Bene, con la normalità è più o meno lo stesso, non esiste LA normalità, esiste LA TUA normalità e tanto basta e se questo non dovesse bastare a chi ti sta intorno cucciola mia, be' tu mandali a fanculo. Sì, ho detto fanculo, lo so che ti ho detto che sulla bocca di una bimba come te sono brutte alcune parole e fanculo è al primo posto, ma ascolta la tua mamma, a volte nella vita, un fanculo ci sta tutto! Non è dalle parole che si giudica una persona, ma dalle azioni, quindi fanculo a chi non ti accetta per quella che sei.
Sii leggera, non rendere la tua adolescenza una continua elucubrazione mentale. Non è vale la pena. Ok, lo so. Dovrai farlo e lo farai per sempre. Chiamiamola biologia, o più semplicemente, genetica. Tua madre è stata la regina delle pippe mentali (lo so, le parolacce sono brutte, ma questa lettera è uno spazio aereo Charlie, bimba, qui non abbiamo limiti). Tua madre le ha inventate le seghe mentali, quindi lo so, dentro di me lo so, che tu non ne sarai immune, ma ti prego, ti prego, non assecondarle. Impara ad assecondare il sorriso. Hai un sorriso disarmante, aperto e gioioso. Il tuo sorriso ha un potere curativo, usalo bimba.
Sei intelligente. Ormai lo so per certo. Quando eri nella mia pancia, non mi preoccupavo granché del tuo aspetto fisico, ma mi ossessionava l'idea della tua intelligenza. Mi domandavo che tipo sarà mia figlia? Che intelligenza avrà? Sarà brillante? Sarà acuta? Tu sei andata oltre ogni mia aspettativa. Sei sveglia e per sveglia intendo che sei avanti, lo dico sul serio. Lo sai amore, la mamma e la nonna soffrono di uno strano morbo per il quale non riescono a non vedere la realtà delle cose anche quando questa fa male, per questo motivo, se ti dico che sei molto intelligente, tu credimi sulla parola. La tua intelligenza potrebbe rivelarsi la tua migliore arma, ma anche il tuo peggior nemico, dipende da come vorrai usarla, ma soprattutto da come vorrai vivere. Io ti auguro di vivere sempre al sole, senza doverti scusare mai per quello che sei e senza dover mai cedere all'ombra anche se, purtroppo, molto presto conoscerei anche lei, ma tu sei Virginia, sei oltre e saprai sempre ritrovare la luce.
Conto di restare ancora tanto, tantissimo tempo nella tua vita, ma so che sono la tua mamma e tu la mia splendida figlia e anche se oggi sono il tuo mondo e tu graviti intorno a me tutto il giorno, presto questo processo sarà interrotto da te, proprio da te e allora, probabilmente, non avrai molta voglia di ascoltare la tua mamma dire che sei la creatura più strepitosa che io conosca e allora ho pensato di scrivertelo.
Non importa quanta distanza tu metterai tra di noi, io sarò sempre ad un battito di cuore da te.
Ti amo,
Mamma

Ritorno al futuro. Una lettera.

Cara me stessa,
lo so, in questo momento, non riesci ad immaginare che avrai mai più un equilibrio e che il tuo destino non sarà per sempre, quello di vivere in bilico tra la paura di cadere e la paradossale voglia di farlo, per non pensarci più.
Lo so che quella voragine che ti ha lasciato nel cuore, hai paura non possa mai guarire.
Lo so che scappare quando il gioco si fa serio e le emozioni si fanno vere, palpitanti, in questo momento, ti sembra la scelta più giusta per la tua stessa sicurezza. In fondo hai subìto e sofferto un abbandono e questo nessuno mai potrà cancellarlo.
Credi di aver fatto del male a tante persone. Hai sbattuto porte in faccia, hai usato parole al vetriolo col chiaro intento di colpire la dignità dei sentimenti di chi invece, testardo, ti amava e questo, ti provoca sensi di colpa indomabili e molte notti insonni.
Hai paura di non riuscire a tener testa agli impegni che altri hanno scelto di darti e che tu, silenziosamente hai accettato, per paura di essere un'ingrata.
Dubiti della tua capacità di giudizio, perché nel tempo, hai troppe volte dovuto scoprire che le bugie degli uomini, sono condimento per ogni loro relazione sociale.
Non voglio dirti bugie. La vita è semplicemente così, sottosopra ed è meglio che tu ci faccia l'abitudine ed impari piuttosto, a prenderti con decisione il buono che ti offre, perché sappi che la vita ci offre sempre del bene.
Un giorno incontrerai un uomo e lui saprà capirti e rispettarti.
Sarà il tuo migliore amico, godrà dei tuoi successi, si rammaricherà con te delle tue sconfitte, ma sarà motore propulsore per nuove partenze. Ti spalleggerà sempre, ti farà riposare sul suo petto quando la giornata ti avrà messa a tappeto e scenderà in battaglia tutti i giorni per te. Si farà carico dei tuoi casini, non ti giudicherà e non ti censurerà mai.
Con lui avrai occasione quotidianamente di sorridere e di ridere, anche quando tutto intorno crolla.
Ti chiederà di sposarlo in ginocchio, si commuoverà nel farlo (lo so che non avevi nei tuoi piani il matrimonio per ovvie ragioni, ma vedrai che non sarà così male-a parte gli indumenti che lui lascerà dappertutto come Pollicino, il suo armadio lasciato costantemente aperto e le scarpe ovunque tranne che nell'apposita scarpiera-) e tu gli risponderai sì, con un sì che non avevi mai pronunciato prima, sicuro ed assoluto.
Sarà il padre della tua adorata e meravigliosa creatura ed in lei potrai amare con rinnovato candore la vita e tuo marito come al primo incontro perché sappi me stessa, che tua figlia sarà la copia carbone del papà.
Soprattutto con quest'uomo incredibile che avrai la fortuna di incontrare e sposare, potrai restar seduta sul divano, guardarlo girare le spalle e avere la certezza assoluta che non se andrà perché ha proprio in te, tutto ciò che gli serve per essere sereno. La sera guarderete i film in televisione e lui mentre ti massaggerà i piedi ti chiederà: - ma è un film introspettivo?- intendendo dire d'autore e tu riderai, dirai sì e lo obbligherai a guardarlo (questo fino all'arrivo di vostra figlia, poi il telecomando ed il televisore vi saranno banditi e quella piccola dittatrice sceglierà ogni sera di guardare Gatto col Cappello di Dr Seuss, tu l'odierai, ma sempre meglio di Peppa Pig, fidati. Poi mi dirai.)
Piangi pure me stessa, sappi che questa è un'attitudine che non perderai mai, nemmeno con l'età della maturità (anzi, in gravidanza piangerai al telefono disperata con il call center della Telecom che tarderà nell'allaccio della linea telefonica, ma poi in seguito, sarà un aneddoto da raccontare -molto in seguito-), ma vedrai, passerà. La bruciante rabbia che ribolle sotto la tua giovane pelle passerà, il tuo cuore guarirà, la tua anima sarà di nuovo leggera ed allora troverai il coraggio di riaprire porte, che ora credi chiuse  per sempre.
Sarai felice, te lo prometto.
con amore,
Michela

sabato 25 luglio 2015

scrivere per essere felici.

Sognare ha un costo. Non propriamente economico per quanto, anche da quel punto di vista, a volte, sognare ha un bel costo sonante.
Dicevo, sognare costa in termini di coinvolgimento emotivo e di aspettative fin troppo spesso disattese.
Sono un'inarrestabile ricercatrice della frase perfetta. Virginia Woolf e i suoi capolavori, mi hanno resa una lettrice più che selettiva e una scrittrice mai soddisfatta di sé, ma questo è un bene, come è un bene, che io non mi senta in realtà una scrittrice, quanto piuttosto, una che scrive e sappiamo tutti, quale abisso di differenza esista. A trentatré anni quasi compiuti, posso in tutta onestà dire che scrivere, è l'unica cosa che conta. Ho impiegato buona parte della mia esistenza a capirlo.
Il mio rapporto con la scrittura, non è stato sempre così facile. La verità è che, come vi ho accennato nel primo post di questo blog, io sono un'incostante. Lo sono stata in più o meno, in tutti gli aspetti della mia vita. A scuola per esempio. Ho sempre amato studiare, ma quando e quello che mi andava. Nelle amicizie perché, non sono mai stata brava a coltivarle, o meglio, non sono mai stata brava ad impegnarmi in quel tipico rapporto morbo-fraterno (la nostra che lingua sessista!) che si instaura con le amiche al liceo per il quale,esiste una legge non scritta secondo cui, devi fare pipì contemporaneamente e il ciclo mestruale vi si sincronizza. Ci ho provato, ma ho fallito, fino a quando poi, non ho scoperto che una delle mie compagne di classe, che fino ad allora non mi filavo di striscio, non solo poteva essere una mia amica, ma col tempo diventare la mia persona. Always and forever, luv.
Claudia, la mia roccia. Lei è come me, nel senso che fa cagare a livello di telefonate, sms e whatsappini. Vive a circa 3.000 km da me eppure è la persona che sento più vicina nell'intero universo. Con lei non sento mai la solitudine. Con lei non ho bisogno di parole. E' una di quelle persone per le quali metteresti in pausa la tua vita se mai ne avesse bisogno. E poi è un modello. E' una donna che la vita ha provato a spezzare. Così, solo per il gusto di darle qualche fardello da portare. L'ha colpita dritta nello stomaco, le ha strappato via il rispetto per alcune persone che non si dovrebbe mai smettere di rispettare, l'ha obbligata a doversi rimboccare le maniche molto presto, l'ha più e più volte ferita, come un'onda che monotona si infrange sullo stesso scoglio, dolore che va e dolore che viene. Si sarebbe potuta inaridire e invece, sapete lei come ha risposto? Con l'amore, tipo Elsa che in Frozen combina un cazzo di macello e poi decide di rimettere tutto in ordine con l'amore. Lei semplicemente, è rimasta candida. Non si è fatta macchiare e gente, vi assicuro, ha un animo nobile impossibile da non amare. E' una madre eccelsa, una zia indimenticabile, una moglie che il marito (mio carissimo amico fraterno) credo ogni mattina si svegli e dica "ma come mi sarà mai capitata, una fortuna del genere?" e un'amica che non è un'amica, non è una sorella (anche perché da questo punto di vista io ho una situazione altamente incasinata e affollata, ma piano piano, vado avanti e navigo a vista), ma è appunto la persona per dirla con le parole di Shonda Rhimes.
Ma, come sempre divago, dicevo, sono un'incostante e con la scrittura lo sono stata più che in ogni altro aspetto della mia esistenza.
Scrivo da sempre, più o meno per questo semplice motivo: con le parole in generale, io  sono pessima. Nel senso, sono la cosa che più mi ossessiona e più mi ossessionano, più mi sembra di non riuscire mai a trovare la parola giusta. Quando ero solo una bambina per esempio, dopo aver finito il classico tema, io scrivevo una poesia che concorresse, ad esplicare, in maniera più forte quello che volevo esprimere nella prosa del tema. Non lo so perché, ma fino all'età adulta, mi sembrava di riuscire a comunicare meglio in versi. Bugia, lo so perché. La poesia, intesa come poesia istantanea, o più correttamente, libero sfogo adolescenziale, non mi sembrava richiedesse particolare disciplina o costanza, io semplicemente buttavo su carta le mie emozioni e a caso andavo a capo. Poi crescendo, e conoscendo meglio poetesse del calibro, ancora oggi impareggiato ,di Emily Dickinson e Sylvia Plath oltre ad andare a capo, inserivo qualche trattino a destra e a manca. No, non sono mai stata una poetessa. Eppure la poesia, mi ha sempre accompagnata ed aiutata. Sono stata un'ingrata a non apprendere meglio l'arte del verso.
Al liceo, avevo un fidanzato, anche lui scriveva. No, non è corretto. La verità è, che lui scriveva, io pensavo di voler scrivere. Scriveva prosa. Era molto diligente e aveva un rapporto di profondo rispetto nei confronti della parola, già alla nostra giovanissima età.  Io lo guardavo, lo ammiravo e forse un po' invidiavo, ma non lo ammettevo neppure a me stessa e mi sentivo sconfitta. Non riuscivo a capire come facesse. Davanti ad un foglio bianco io riuscivo solo a scrivere come mi sentivo. Era una sensazione, la ricordo ancora molto bene, strana, quasi di continua seduzione quella che avevo io con la carta. Libri di testo, piuttosto che un Kleenex tutto lo spazio bianco che trovavo, io lo dovevo riempire, ma non è che ci riuscissi poi granché. Ero sempre in bilico tra la penna e l'irrefrenabile voglia di vivere, come se scrivere, dovesse in qualche modo significare la scelta di non vivere. Quanto mi sbagliavo. Quanto lontana ero della verità. Non ne avevo la minima idea. Poi un giorno, non particolarmente degno di nota, un'immagine di una ragazza vestita di bianco in una vasca da bagno, mi solleticò proprio dietro la nuca.
Fu la scena centrale del mio primo racconto breve. E anche questo, fu breve, perché stare troppo tempo ferma sulla carta mi riusciva impossibile. Era molto accademico, pregno di parole già lette e atmosfere rubate eppure, quando arrivai alla parola fine, ero un'altra persona, finalmente avevo, non capito, per quello ci sarebbe voluto ancora tanto, ma intravisto quello che desideravo fare.
Poi la vita si sa, va avanti e ti porta in luoghi inaspettati e le circostanze ti spingono verso nuovi orizzonti e tu ti lasci trascinare e sapete cosa? Sono tutte bugie. Anche ora, in questo preciso momento, arranco tra mille giustificazioni di poco conto che forse, non è nemmeno certo, potranno convincere qualcuno di voi, ma non me. La verità, è che non ho mai scritto seriamente fino a poco tempo fa, per paura. Paura di non essere abbastanza, una paura atavica che non riesco a scrollarmi di dosso, paura di essere approssimativa, amatoriale e per niente professionale. Per questo e per nessun altro motivo reale, ho accettato che la vita mi portasse dove non volevo stare e cioè lontano dalla carta e dalla penna, lontana anni luce dal mondo delle idee e delle parole. Cosa ho fatto lungo tutto il tragitto che da quella ragazza vestita di bianco nella vasca da bagno, porta ad Eva, protagonista del mio primo romanzo? Ho vissuto. Piena di rabbia e frustrazioni senza riuscire a godere a pieno delle gioie che la vita mi serviva su un piatto d'argento. Nel frattempo ho scritto a singhiozzi Eva e l'assoluto. Negli anni, il romanzo ha visto quattro o cinque stesure, perché le parole giuste sembravano non arrivare mai fino a quando non sono diventata madre. Lo so è disgustosamente banale, ma essere madre, mi ha completamente cambiata. Mi ha obbligata e rivedere tutte le scelte della mia vita e mi ha fatto cambiare angolazione dalla quale guardare il mondo. Virginia, mia figlia, mi ha regalato la cosa più preziosa che ho, la consapevolezza di me stessa e di quello che voglio dalla vita e per questo, non potrò mai ringraziarla abbastanza.
Dopo diciotto estenuanti e felicissimi mesi di allattamento al seno, periodo nel il quale ho subito gran parte della metamorfosi, perché mi ha obbligata alla diligenza, all'abnegazione e alla costanza, ho ripreso in mano Eva e con lei la mia vita e così siamo arrivati ad oggi. Grazie ad una piattaforma di self-publishing Narcissus.it il mio romanzo è potenzialmente nelle case di tanti estranei, nei loro kindle, nei loro tablet e nei loro smartphone e a breve sugli scaffali delle loro librerie. Tutte le piattaforme di e-commerce maggiori di Italia, da Amazon, ad iTunes e Googleplay passando per lafeltrinelli.it hanno in vendita il mio sogno ed io mi sento libera, come non lo sono mai stata.
Non abbandonerò mai più la scrittura.
Non permetterò mai più alle mie paure di impedirmi il percorso verso la felicità, perché quest'ultima, insieme alla dignità, è l'unica vera via verso il successo che conta, quello che non conosce denaro, ma solo il rispetto per se stessi.

l'amica bionica, io ce l'ho e tu?

Questo post nasce perché, anche io, ho una di quelle amiche bioniche che ti fanno capire quanto tu sia pari allo zero assoluto nel "favoloso mondo dei detersivi e della cucina".
Che poi lei non lo fa apposta e la tragedia è proprio lì. Lei si muove come una donzella leggiadra nel quadrato infernale della cucina e non solo nella sua, che uno, al limite, potrebbe pensare, è la sua cucina è ovvio che si senta a suo agio, che poi, neppure sarebbe vero, perché io nella mia cucina, soffro le stesse crisi isteriche che soffrono gli apprendisti cuochi di masterchef al pressure test! Lei cucina di tutto. I cordon bleu per esempio, vi prego, parliamone. Allora amiche care, i cordon bleu esistono perché qualcuno ha avuto pietà delle donne come me e ha ben pensato di inventare qualcosa che tu lo togli dalla scatola e lo butti in forno e nel frattempo ti versi un calice di vino e ti fai l'happy hour nell'attesa che il forno compia la magia(perché che in casa mia si frigga, non è contemplato, lo so che è più buono e più veloce e quest'ultima cosa potrebbe anche convincermi, ma puzza troppo ed io quando presi casa dissi, amore io voglio l'open space, maledetta me e i telefilm americani, ma dell'open space prima o poi vi parkerò perché gli architetti dovrebbero vietarlo). Lei invece no, lei compra il petto di pollo lo frulla, sì amiche care avete capito bene LO FRULLA e poi, non contenta, lo mischia con so quante altre diavolerie e poi lo lavora con le mani e poi niente, non lo so come fa, ma ne escono dei cordon bleu della Madonna! E non c'è discorso che tenga, credetemi io le ho provate tutte. Insomma, è come cucinare i sofficini Findus fai da te, ma zitte va' che domani quella li prepara se glielo fate notare! Alla fine vi dico solo questo, ho provato a farli anche io. Perché lei è così, ti entra nella testa! Avete presente quando in tv danno le olimpiadi di pattinaggio sul ghiaccio e le pattinatrici fanno tutte quelle figure a mezz'aria che in fondo al cuore tu per un attimo pensi "cazzo ci vuole, lo so fare anche io!", ecco lei in cucina è così. Quindi un giorno, ho preso la mia Moulinex che in vita sua a casa mia aveva solo visto le carote, lo giuro solennemente e ho detto a mio marito, io i cordon bleu li faccio! E poi nulla, a parte che mi faceva schifo toccare il pollo e allora lo prendevo con due cucchiai di acciaio e forse per questo motivo proprio, ma alla fine mi sono venute fuori delle polpette e allora Christian quel sant'uomo di mio marito, ha detto: "amore non ti preoccupare sono brutte, ma saranno buone". Be', così non è stato e qui, mi fermo.
Il sabato mattina noi donne normali ci svegliamo e Santo Iddio con calma più vicina al coma che ad un comune serafico risveglio, ci prepariamo il caffè, lei no. Lei si sveglia, dopo aver lavorato tutta la settimana otto ore al giorno, prepara la tipica colazione dei campioni -brit. style- per il marito e la figlia e poi così, tra una lavata al pavimento di tutta la casa ed una velocissima lavatrice di tutti i tessuti dell'abitazione incluse tende e coprimaterassi ( confesso di non avere un coprimaterasso) prepara l'impasto per le pizze e lo lascia a lievitare, e allora, in quel momento una donna normale si scaraventerebbe sul divano a maledirsi per la brillante idea della pasta per le pizze, lei no, lei apre tutti gli armadi di casa e fa ordine e con ordine amiche, intendo che divide per colori, tessuti, look e frequenza di uso. Ahaaah, no dai scherzo, non è una maniaca del controllo, parole sue, deve solo sapere in ogni istante della sua e della nostra esistenza che stiamo facendo. La tipica donna che se ci vai in vacanza ti stressa con il planning delle vacanze e tu sei lì disperata che cerchi di farle capire quale odioso ossimoro sia planning e vacanze nella stessa frase, ma contro di lei, non puoi nulla, che poi, a dirla tutta, ti coinvolge nella sua follia. E' una donna fantastica giuro, lei non lo capisce mica che è bionica, per lei siamo tutte così. Amiche, qui si parla di una donna che tu la inviti a cena e dopo averla fatta cucinare, lei ti rimette anche tutto in ordine. Voglio dire, è un affare dove la trovate una così? Io al limite se mi inviti a cena, vengo, porto il vino e mi riporto il vuoto a rendere! Dai scherzo, mamma! Scusate la digressione, ma mia madre l'altro giorno mi ha sgridata perché dice che quando scrivo faccio di tutto per sembrare un' alcolizzata. Che vi ridete voi, amiche? Aprite voi un blog e poi vediamo le vostre mamme cosa ne pensano delle vostre abitudini etiliche. :)
E insomma niente, questo post esiste per due motivi, il primo è, che questa mia amica, si è da poco trasferita in un'altra lontanissima città, mi manca tanto e la scrittura condita con una buona dose di sarcasmo è l'unico modo che conosco per esorcizzare la nostalgia, il secondo molto più serio a pensarci bene, è che l'altro giorno sono andata a fare la spesa e come sempre mi accade quando sono al supermercato la sua vocina fastidiosa mi ronza in testa "non comprare le sovracosce di pollo che costano tanto (confesso che in vita mia non ho mai guardato i prezzi degli alimenti, di norma la mia strategia al supermercato è: entrare, velocissima prendere tutto quello che mi capita sotto occhi, ovviamente la lista che ho fatto l'ho dimenticata sul banco della cucina, e quindi torno a casa e puntualmente mi sono dimenticata il caffè) prendi il pezzo a forma di cuore, costa meno". Ok, uno non sapevo che esistesse il pezzo a cuore, nel senso che non l'avevo proprio mai visto, due sono di furia prendo le sovracosce e mio marito e mia figlia dovranno anche ringraziare, di solito a quella vocina, ho sempre risposto così, l'altro giorno invece, lei mi mancava più del solito e allora, mi sono fermata davanti al banco frigo della Coop, ho cercato il pezzo a cuore ed effettivamente è a forma di cuore, non ho guardato il prezzo, ma l'ho comprato.
Quindi, questo post, fondamentalmente esiste per una ragione, no, più esattamente, per un quesito oserei dire amletico, io il pezzo a cuore l'ho comprato, ma ora cosa cazzo ci faccio?
Miss you, bitch.
PS ndr ecco perché non comprerò mai più l'offerta delle orate Coop due pezzi a 3 euro e 80, tu lì per lì pensi, questa è un'offerta e poiché ho imparato a fare la spesa degli adulti la compro, poi torni a casa e lo metti in freezer. Poi dopo un mese circa lo scongeli di fretta e furia e scopri di dovergli ficcare una forbice da un buco che credo (ma non voglio indagare oltre) sia il culo, aprirlo per benino e CON LE DITA tirargli fuori l'inferno oppure, come dite voi brave donne di casa eviscerarlo. Ma vaffanculo all'offerta!

l'educazione sentimentale.

Sky è per me una costante fonte di riflessione ed ispirazione.
In questi giorni, hanno inserito un nuovo canale che, purtroppo, credo sia solo temporale. Sky atlantic (che già di suo era un gran bel canale) è ora sdoppiato in Sky atlantic 1992. Questo canale ha una programmazione STUPENDA che consiste in una maratona perenne di Beverly Hills, 90210. Sì, amica dico a te, se non hai mai visto questo telefilm, cambia blog, o sei troppo vecchia, o troppo giovane e questo post non fa per te. Anzi no, accetta il consiglio vai avanti nella lettura perché ce n'è per tutte noi e per tutti i gusti.
Dunque, vi dicevo, io mi interrogo. Questo è fondamentale nella vita. mai e dico mai smettere di interrogarsi.
La mia educazione sentimentale, è nata con Beverly Hills 90210 e più precisamente con Dylan Mckay alias Luke Perry. All'epoca avevo soli dieci anni e non mi ero mai particolarmente preoccupata dei maschi, nel senso, che pur essendo cresciuta in un ambiente a maggioranza maschile, per me i maschi non differivano in niente dalle femmine e da me stessa.
Nella sesta puntata della prima stagione di BH90210 però, quando Brenda decide di cambiare colore dei capelli, incappando purtroppo in un improbabile biondo arancione, tutto è cambiato.
Lei esce per una corsa (indossando degli abiti osceni, ma questa un'altra storia) e chi ti incontra? Lui. Dylan Mckay, bello come il dio Apollo che appena la vede ferma la moto, spegne il motore, scende e si toglie il casco -e qui si rischia il primo infarto- poi sorride e accavalla lievemente le gambe spaventosamente magre nei suoi jeans perfettamente consumati e inizia a parlare. All'epoca non parlavo inglese e lo streaming non esisteva, cacchio internet non esisteva in verità (qui si parla del mesozoico!), quindi la cosa, andò così: Dylan attraverso la più calda e affascinante voce di Italia (Francesco Prando) inizia a parlare e boom! mi sono innamorata per la prima volta in vita mia! E con me credo il 70% della popolazione femminile del globo.
Lui la guarda sorridente e suadente e dice qualcosa sul cambiamento del colore di capelli, lei sorride, muore, rinasce e si innamora contemporaneamente e gli chiede non preferivi le bionde? e lui ancora col sorriso e guardandola da capo a piedi (nel modo in cui, poi lo scoprirò dopo qualche anno, ogni donna brama di essere guardata almeno una volta nella vita) le risponde, la frase delle frasi. Una frase molto poco poetica, in verità forse anche un pò volgare, ma non conta, è la prima frase d'amore che ho sentito ed è quella che davvero non ho mai dimenticato:
Bionde, brune, con i capelli rossi, con i calzoncini corti...
Questa frase, breve, tutt'altro che profonda e maschilista fino al midollo, è la dichiarazione di amore di Dylan Mckay a Brenda Walsh, che all'epoca era il mio prototipo ideale di donna.
Da lì, da quel preciso istante, ho scoperto l'esistenza del genere umano maschile (un pò presto per i miei tempi, oggi sarei stata spaventosamente in ritardo) quello che all'epoca non sapevo ancora, era che il genere umano è spaventosamente variegato e che io,  in qualche modo, mi ero già posizionata da un lato del burrone.
Nel caotico mondo dei sentimenti umani, nell'intramontabile conflitto uomo/donna e nell' indefinito percorso che ci porta sempre gli uni verso le altre, io muovevo i primi passi da crocerossina.
Brandon, il bravo ragazzo della serie, che a tratti ci prova anche a fare il figo, con scarsissimi risultati, non l'ho mai guardato fino ad oggi, ma di questo parlerò in conclusione di post.
Dal bel Dylan di LA al mio amatissimo (ancora oggi) Robbie Williams dei Take That, il passo è stato breve. Avevo adesso 11 anni, Dylan aveva già maltratto il cuore di Brenda, ma la cosa davvero strana è che quando Robbie stava con i Take That non era il bello e dannato del gruppo, era solo il burlone poi dopo si separa dalla band e be' sì, poi dopo, Dylan con i suoi solo accennati problemi di alcool, di famiglia, di troppi soldi e di donne gli faceva un baffo. Voglio dire Robbie ha stravissuto ed era reale ed era per la me di 11 anni per questo motivo, più raggiungibile e più vero. Ma ero ancora troppo piccola per capire.
Dopo Robbie, amore mai completamente passato, ma solo messo in stand by perché ero a questo punto adolescente ergo pseudo punk-grunge ergo ancora hasta la victoria siempre! mi innamoro (grazie all'influsso benevolo dei miei cugini, se non lo ammetto pubblicamente, finisce che vengono a sputtanarmi fin sul blog, fidatevi) perdutamente di Kurt Cobain leader dei Nirvana, che guardate un pò è tossicomane, riservato, geniale e sprezzante delle regole della vita sociale e infatti muore poco tempo dopo. Per lunghi anni comunque io ho seguitato ad amarlo, rischiando di essere anche tacciata di necrofilia.
Di bravi ragazzi nemmeno l'ombra, ancora il mio cervello, non contempla neppure lontanamente la possibilità di essere felice e spensierata con un ragazzo.
Parallelamente, nella vita reale di tutti i giorni, mi fidanzo con un ragazzo diciamo così, complicato. Carino, molto dolce, molto profondo, ma con una situazione familiare difficile da gestire alla sua età, tanto difficile da impedirgli gli studi. Mi dico che va bene, che lo posso aiutare io (DIN, DIN, DIN campanello della crocerossina, ma nulla ancora non lo sento, sono troppo occupata a salvare l'amore della mia vita del momento) che in fondo ho già di mio una famiglia super incasinata, posso gestire tutto. E invece no, non posso, dovrò prima salvare me stessa e non immagino nemmeno in quel momento che per farlo, dovrò avere una figlia, ma questo è un altro capitolo.
Intanto il tempo passa, inizia la parte interessante del liceo e degli studi ed inizia, la mia storia d'amore con la letteratura. Io, inutile dirlo, sono sempre sul carro dei bad boys e degli oppressi, sì perché sono ovviamente rossa dai capelli alle tshirt del Che.
Tutti a tessere le lodi di William Shakespeare e come non farlo? Io però mi sento più attratta da quel pazzo di Christopher Marlowe dalla vita dissoluta e finita tragicamente appena ventinovenne in una rissa. Dico, scherziamo? Mistero e pericolo, sì, grazie, sono il mio pane quotidiano.
E come non citare una delle mie più forti passioni letterarie? Heathcliff di Cime Tempestose. L'anti eroe byroniano per eccellenza. Burbero, cattivo, sprezzante della vita e della società eppure capace di amare anche dopo la sua morte Catherine.
La lista sarebbe lunga. Byron stesso, Charles Baudelaire fino ad arrivare indietro al grande Achille, che rompe tutti gli schemi, che sfida la vita e finanche gli dei e che mostra capacità di amare in modo puro solo il suo Patroclo. Eppure ci sarebbe anche Ettore, no? L'eroe, colui che uccide proprio Patroclo. Anche lui, come Achille è un guerriero, è forte, è un vero uomo, ma è troppo onesto, troppo rispettoso dei valori e non riesce a rompere le regole. Come nella maggior parte delle coppie letterarie di eroi (e anche televisive) esiste per fare da controparte, non è mai il fulcro, non è mail fuoco.
Achille poi che, nelle nostre visioni moderne è personificato da Brad Pitt, dai diciamocelo onestamente, è impossibile non amarlo!
Ma perché? Cos'è che spingeva me e la stragrande maggioranza delle donne verso i cattivi ragazzi? Mi spiego meglio. Esistono due categorie principali di donne (così come di uomini).
Le crocerossine. Eccomi, presente all'appello.
e le eterne figlie.
Le prime in realtà, secondo il mio modesto parere, non fanno altro che sublimare lungo tutta la loro vita, un desiderio ed un bisogno più grandi: diventare madri.
La donna, in fondo, ha questo scopo principale: procreare e prendersi cura del proprio bambino. Accade quindi che quando si ha l'età sentimentale (concedetemi il termine) giusta per diventare madri e mogli, semplicemente ci si evolve. Questo è ciò che è capitato a me. Quando sono cresciuta sentimentalmente, e ancora di più, quando sono diventata madre, il mio cuore ha smesso di battere al suo consueto ritmo. Quando ho conosciuto mia figlia Virginia ed ho guardato dritto negli occhi dell'amore più puro che avessi mai provato, ho svestito gli abiti della crocerossina e sono rinata come donna. Ora amo me, tanto quanto amo Chris. E' una sensazione di totale appagamento che il salvataggio di un altro essere umano, non ti concede di provare. Quelle sono emozioni. Emozioni anche molto intense e divertenti, ma l'amore non è salvare qualcuno, al limite è salvarsi insieme, in un'armonia dualistica e non in un rapporto monoteista come sempre accade alle crocerossine.
Le seconde, le eterne figlie, be' io quelle non le posso comprendere perché non mi è stato dato in sorte di essere una figlia innamorata del suo papà, non posso quindi avere una visione onesta e cristallina e forse sono mossa dall'invidia, non lo so, ma mi incuriosiscono perché sono madre di una figlia femmina innamorata di suo padre.
Questo tipo di donna, rifugge il pericolo, perché cerca il porto sicuro, l'abbraccio paterno appunto. Sono donne che sono attratte dal potere (anche economico), perché il potere è sintomo di forza e forza e sinonimo di sicurezza e quindi ecco ancora il loro papà. Voglio dire, questo non l'ho detto io per prima, ma Freud, no? con tutti i raccapriccianti annessi e connessi sessuali di Edipo ed Elettra. Bene io, fatta eccezione per la perversione sessuale, credo sia vero. Tuttavia, ho paura che queste donne però, non acquisiscano mai un'autonomia emotiva, una forza ed una sicurezza emotiva, finendo per restare ancorate con forza ad un porto sicuro e dimenticandosi che, qualcuno un giorno ha detto, che è vero, il porto è il posto più sicuro in cui una nave può stare, ma non è per rimanerci che le navi sono state create.
Ho impiegato molto a capire cosa fosse a spingermi verso questo tipo di relazioni. Ho rischiato tanto e ho perso molto, troppo. Mi è valso un grande amore finito nel cesso e  Quattro Stracci di Guccini a perseguitarmi per anni, fino a quando poi semplicemente, non sono cresciuta. Un giorno mi sono svegliata ero donna e mi bastavo. Non avevo più bisogno di essere il centro del mondo di un uomo, non nutrivo più l'impellente necessità di salvare nessuno. E' così che ho incontrato il più grande amore della mia vita, mio marito Christian. Lui si distacca completamente dal genere di uomo che ho raccontato fino ad ora, per quanto, anche lui abbia avuto una vita poco regolare fino a me (ma chi di noi l'ha avuta?).
Nella faida Team Dylan e Team Brandon dalla quale siamo partiti, lui è senza dubbio nella squadra di Brandon. E' un uomo, buono, solare, pieno di amici, molto legato alla sua e alla mia famiglia. Ama molto se stesso e questo gli consente di amare con serenità anche me. Poi cavoli, è polemico, un pò rude e logorroico, ma è pur sempre un uomo, cosa vi aspettavate!?
Non so se sia veramente così. Non posso non ammettere con candore che mi piacciono ancora e sempre mi piaceranno i ragazzi belli e dannati, sguardo basso e sorriso per pochi, ma mi auguro che mia figlia Virginia sia una ragazza più furba di quanto lo sia stata la sua mamma. Mi auguro che sia del team Brandon e che no si faccia incastrare in nessuna delle due categorie di cui ho parlato. Sogno che sia libera da qualsiasi tipo di etichetta e che sia, ora che possiamo intervenire io e il papà, tanto amata da bastarsi per sempre, perché, grazie a lei io l'ho capito, solo amando noi stesse possiamo realmente amare qualcun altro.