mercoledì 31 luglio 2019

Di Yoga e bambine impertinenti.

Fa male. Ti senti sventrata. Lo so che non ci credi, ma va bene così. Lo capirai. Lascia questa nuova ferita aperta, guardaci attraverso e riparti da lì. È proprio in virtù di questo nuovo dolore, che puoi dimostrarti, finalmente, per quello che sei.
Ogni tuo difetto, ogni tuo fallimento, ogni tuo limite. Tutto concorre a fare di te una donna che corre con i lupi. Indomabile; per la maggior parte delle persone, una vera selvaggia. Eppure sono questi stessi tratti a renderti bellissima. A renderti bruttissima. A renderti umana. Sei umana. Avanti, piccola donna, ripetilo ad alta voce. Sei umana, sei già, solo per questo, degna di essere amata e meritevole di perdono. Sempre.

C’è una Michela molto piccola in me, parlo troppo poche volte con lei e questo, la confonde. La sento urlare per tutto il tempo, ogni singolo giorno, delle ingiustizie che sente bruciare sulla sua pelle. A lungo, troppo a lungo, ho finto di non ascoltarla. È una bimba sovversiva, la Rivoluzione non la fa, la Rivoluzione la porta dentro di sé, lei è la Rivoluzione. È una bambina insicura, vive nell’incessante terrore dell’abbandono. Quando si sente aggredita, reagisce. La maggior parte del tempo, in maniera inappropriata. Rende palese, quotidianamente, la sua capacità di compiere solo scelte avventate, di base perché ha paura. Teme di non sapere ascoltare il suo cuore, ha paura di morire senza riuscire a sentire il calore dell’amore. Una volta, una sola volta, amare ed essere amata. Possibilmente in contemporanea, non un secondo dopo che lei ha smesso di essere amata. Questo è quel che chiede.
È molto egoista, capricciosa, viziata e tutto, accade per la stessa unica ragione. Ha paura di quanto sia facile frantumarla, dunque, tortura la Michela adulta. Per questo motivo, lancia bombe ad ogni passo. Spera ne escano fiori e, invece, semina vento e raccoglie tempesta.
Cerco di dirle di calmarsi, che andrà tutto bene, che saprò tenerla al sicuro in questo mondo spaventoso, ma non è quasi mai semplice convincerla ad ascoltarmi. Per anni, io e lei, siamo state in balìa delle sue strategie persecutive. Anni molto, molto bui durante i quali, il mondo era sottosopra e insieme correvamo in tondo nel Paese delle Meraviglie. Quando vivi così, ti svegli la mattina e non sai, quel giorno, quante dimensioni assumerai, quante volte impazzirai. È stata un’aspra battaglia tra me e la piccoletta, tanto che non si riusciva più a capire chi fosse la vittima, chi il persecutore.

La mia mente è un luogo molto pericoloso. Ci sono trappole ad ogni angolo. Deve essere stato un luogo meraviglioso quando la Michela piccola cavalcava la sua vita, perché è ancora piena di paesaggi meravigliosi, sogni da realizzare, libri e versi sparsi, musica che inonda ogni suo spazio, ma oggi è, anche, una giungla terribile, nella quale raramente arriva luce, le sovrastrutture abbondano così come le paure e le nevrosi. È il luogo perfetto in cui abbandonarci. È il luogo perfetto in cui ucciderci. È il luogo perfetto in cui farla regnare: la bambina Michela. Nessuno la ama, tutti la abbandonano.
Ma in questa giungla, ho trovato il sentiero che mi ha portata al mio luogo felice.
C’è un luogo in questa vita, un luogo in cui la mia mente smette di essere la trappola infernale che è, diventando una risorsa meravigliosa. Le battaglie al potere interne alla mia psiche cessano di esistere. Il dolore lancinante che mi porto in petto si fa leggero. Il respiro trova il suo ritmo naturale, le ansie lasciano il mio stomaco, il corpo e la mente si raccolgono dentro me e si abbracciano. È un non luogo nel quale, sono una non me ed è, al tempo stesso, IL luogo dove io sono la vera ME.

È il mio tappetino di Yoga.
Questo è il motivo che mi spinge a tornare su quel tappetino ogni giorno: imparare a tenere la mia bambina impaurita al sicuro perché, so che solo io, posso farlo. Per tanto tempo, ho cercato qualcuno che la prendesse e la portasse in una stanza diversa dalla mia, lontana da me, così che mi lasciasse il tempo e il coraggio per vivere, in fine, ho capito. Dobbiamo vivere insieme e coabitare questa mente. Per farlo, devo imparare a perdonare entrambe per il male che ci siamo fatte, quello che ancora oggi ci facciamo e, quello che proveremo a farci. Il tappetino è lo spazio in cui esco dalla zona di conforto di entrambe e, siedo al centro perfetto del mio dolore. Parte della mia pratica è quella di guardare negli occhi la mia bimba impaurita e farle capire che la amo. Le carezzo i capelli arruffati dai ricci indomiti, butto via tutti gli strumenti di tortura che usa per nascondere la sua età e fingersi grande e, le sussurro con dolcezza all’orecchio, che va bene non essere il Sole. Va bene non essere perfetta. Va bene non essere la meraviglia che cerca di vendere al resto del mondo. Va bene essere così arrabbiata. Le dico che ha ragione, che ha subito un grave, gravissimo danno, ma che è ora di voltare pagina. E la scongiuro di imparare a fidarsi del mondo, che è al sicuro, che non l’abbandonerò mai.
So che le risposte delle quali abbiamo entrambe bisogno, sono su quel tappetino, la mia àncora con l’Universo e le sue regole, alle quali, cerco di imparare ad affidarmi e, soprattutto so con assoluta certezza che, solo attraverso la mia pratica imperfetta, acerba, piena di limiti ma appassionata come mai niente altro nella mia vita, le risposte arriveranno. E lo fanno. Lo fanno ogni giorno.

Oggi so che hanno ragione gli altri, vivere con noi non è semplice, siamo proprio noi due a renderlo impossibile quasi a tutti, ma so che ci bastiamo, io e lei.

Siamo complesse.
Siamo indomite.
Siamo rivoluzionarie.
Siamo caotiche.
Siamo guerrafondaie.
Siamo bellissime.
Siamo piene di difetti, molto più della norma.
Siamo due lupi in un metro e cinquantotto di corpo umano femminile.
Noi siamo Michela e non siamo per tutti.