lunedì 26 novembre 2018

Della vita che cambia. Storia di Penelope e dei suoi ricami.

“In greco, ritorno si dice nóstos; álgos significa sofferenza. La nostalgia è, dunque, la sofferenza provocata dal desiderio inappagato di ritornare”.
Milan Kundera (l’ignoranza)


È forse questo il sentimento che mi accompagna da così tanto tempo? La nostalgia di me, il non vedermi più tornare? Quanto tempo trascorso col passo del gambero alla ricerca dell’altro capo del filo? Un’instancabile Penelope. Qualcosa che potesse finalmente colmare la voragine al centro del mio petto. Quel vuoto che troppe volte ho temuto di non saper dissimulare. Ha il male di vivere. Così dicono di me e, diamine, magari fosse stato davvero solo questo. È una ragazza fragile. È una donna perennemente depressa, ma che le mancherà poi? Quando, al limite, siamo represse, non depresse che poi è peggio.

E la vita nel frattempo si snoda nei dettagli di uno scadente film, mentre tu da fuori ti guardi brancolare nei medesimi errori di sempre senza capire perché.
-un’adolescenza lampo
-una laurea buona, ma non buonissima
-un matrimonio, ottimo, se solo la protagonista fosse certa di volersi sposare
-un lavoro sbagliato, il più sbagliato possibile
-la maternità, il caos e il suo delirio, l’amore, il divorzio.

Un susseguirsi di cliché banali. Vero? Ti ci rivedi anche tu, non è così? Casino più, casino meno. Cosa c’è in questo susseguirsi di eventi tipici della vita umana che non va? Perché tu, invece, non riesci a tenere il passo? Tu che hai trascorso anni a vivisezionare ogni singolo ricordo della tua esistenza. Tu che i tuoi traumi li conosci uno ad uno. Spesso passeggi con loro, li tieni per mano. Tu che conosci il nome di ogni emozione repressa, tu che non le lasci esplodere nelle tue relazioni perché i mostri sono i tuoi e li gestisci tu. Sola. Tu che la vita è meglio in terapia così non rischi di distruggere gli altri con le tue frustrazioni. Proprio tu, non ti incastri, nelle giornate che ti ritrovi a vivere e il motivo, ragazza mia, è semplice. Paradossale sì, ma semplice. Non hai la minima idea di chi tu realmente sia. È per questo che sei così vagabonda. È per questo che oscilli in un moto infernale da una vita all’altra. È per questo, che il tuo amore è una donna di cui hai paura. Perché lei è te più di te stessa, la versione indomita di te. Apparentemente, amica, la vita che hai fino ad oggi vissuto, con i demoni, i mostri nel cassetto e i sogni sotto al letto, non ti ha insegnato nulla di importante. Il castello di carte della brava bimba che hai imparato ad essere era, appunto, carta straccia e ora, come farai? Ora, che hai gli occhi aperti sui cumuli delle tue bugie sapientemente ricamate sulle scelte più inconsapevoli e folli possibile, cosa hai intenzione di farne di questa vita qui?

Passo uno: comprendi che la vita è la tua. Tua non è un aggettivo possessivo come gli altri. Pronuncialo piano, a bocca piena di te e, prenditi la responsabilità della tua vita. Di ogni suo aspetto.
Passo due: la felicità è una conseguenza, non una meta. Piantala di agire secondo la logica del faccio questo così rendo felice chi mi circonda. Non esiste sillogismo più perverso. Le perversioni, tienile dove servono e basta. Vivi assecondando la tua natura e la felicità arriverà e se non lo farà, ma tanto lo farà, hai sempre tutto il vino che vuoi!
Passo tre: ricordi tutte le virtù che ti hanno fatto esercitare perché una brava ragazza si comporta così? La buona educazione, la generosità, la bontà, la solidarietà, il garbo, la classe ad ogni costo? Ecco, amica, prendile e buttale via dal tuo viaggio, tieni con te solo il coraggio. È tutto ciò che la vita ti richiederà. Il coraggio.

Abbi il coraggio di essere chi sei e null’altro.
Abbi il coraggio di rischiare, anche quando sai che ti farai piuttosto male.
Abbi il coraggio di cambiare. Fallo il più spesso possibile. Non ascoltarli quelli che ti rimproverano di non saper vivere in maniera adulta la routine. Sì, è vero, non lo sai fare. Evviva Dio! Sei come il vento, prova a prendermi se ci riesci!
Abbi il coraggio di amare. Ama, come ti viene richiesto lì, alla bocca dello stomaco, perché bimba, è nello stomaco che risiede la verità, non nelle categorie mentali. Ama lì, nel posto sbagliato, al momento sbagliato, la persona sbagliata perché domani scoprirai che quello era il posto giusto, con la persona giusta nell’unico momento possibile.
Passo quattro: cancella la nozione di tempo dalla mappa del tuo viaggio. Il tempo non esiste. È un’umana invenzione e in quanto tale, imperfetto, ed è suscettibile di cambiamenti e miglioramenti. Tu resta nel tuo tempo. Il tuo ora. Lo so che il mondo fa chiasso e tu devi trovare il silenzio, ma ascolta il tuo orologio. Il segreto, amica è respirare. È così che trovi il passo giusto. Il tuo tempo, il tuo viaggio, la tua vita. La tua felicità.

Esci dal tuo cantuccio, quel posto così comodo costruito in meticolosi anni di battaglie. Spogliati tutta e, quando sarai completamente nuda, osserva bene chi resta e chi va, ma presta l’occhio anche a chi arriva, non perché il nuovo sia meglio del vecchio, spesso non lo è, ormai lo sai, ma perché fino a quando manterrai lo sguardo altrove, saprai di andare nella giusta direzione. Non dietro, non accanto, neppure oltre, solo altrove. Nei tuoi luoghi.

E, infine, amica è il momento del quinto passo: la violenza peggiore per quelle come noi, eppure, è il vero passo del cambiamento. Impara che le parole, non sono le armi letali che credevi. Le parole, persino le tue che credi di usarle tanto bene, sono solo petali nei nostri cannoni. Siamo ciò che facciamo, non quello che diciamo che faremo. Per questo motivo, goditi la musica inebriante del loro suono, poi però piega le parole ad un’azione. Se le parole di chi ami, sono belle ma non sono seguite da un’azione, anche irruenta, anche eccessiva, tu, quelle parole, lasciale cadere nel vuoto di chi le ha pronunciate e passa oltre.

Vedi amica, non c’è modo di fermare la vita. L’unica cosa che puoi fare, è sederti in silenzio. Respira. Lenta. Tutta l’aria che puoi.
Shhh! Ascolta la vita che accade, amica.

Senti che bel rumore.

Michela


giovedì 1 novembre 2018

Sotto pelle.

Sotto questa pelle che tutti toccate, si nasconde un’altra Michela. La sento sgomitare per emergere.
È indomita, irrequieta, perennemente in tempesta. Beve a grandi sorsi la vita come fosse Scotch finemente invecchiato, brinda con fiducia a ciascuno dei suoi insuccessi. Sa che solo questi, la porteranno alla meta. Qualunque essa sia.

Se elimini uno strato, trovi un’altra Michela. Ha da poco superato i trenta. Ha sposato il suo più caro amico, perché sapeva di casa. Aveva sperato che questo bastasse a crearne una che fosse nuova e solo sua. L’aveva arredata con amore e vi aveva messo dentro una bambina meravigliosa. Non aveva tenuto conto che quella bambina, sarebbe diventata presto il più impietoso degli specchi e avrebbe finito per ricordarle ogni singolo giorno, la menzogna che viveva in quella casa. Non era casa sua. Nemmeno quella lo era. Da allora ne cerca una.

Se scavi ancora, ne trovi un’altra. Non ha ancora trent’anni. È innamorata più dell’amore che di un uomo in particolare. Ad ogni nuova storia, non riesce a spiegarsi come sia possibile arrendersi all’idea che lui sia quello giusto, se poi deve spiegargli come fare ad esserlo. Non lo sa ancora, ma lo farà altre svariate decine di volte. Spiegare se stessa. Giustificare se stessa. Per essere amata. Altrettante volte, scoprirà di non esserlo mai stata. Per questo, forse, non si spiega più.

Al di sotto di quella Michela, ce n’è un’altra. Non sa ancora quanto disincanto sia capace di provare la sua mente. È, invece, all’estenuante ricerca della stabilità e, in quell’unica parola, ha racchiuso la ricerca intera della sua felicità. Vuole una famiglia che non sia sgangherata, dove si parli solo a bassa voce e ci si abbracci tutto il tempo. Sogna una casa inondata di luce, di avere il pollice verde e di saper cucinare la lasagna con la stessa familiarità con cui è in grado di bere tre shottini uno dietro l’altro. È una alla quale, la vita ha insegnato a reggere bene l’alcol, non a mantenere in piedi l’amore. A periodi alterni combatte con le altre per far sì che i suoi sogni non finiscano nel dimenticatoio. È, forse, la più sottile tra loro, ma anche, l’unica che non smette di sgomitare. Mai.

Un sottilissimo strato al di sotto, trovi un’altra Michela. Ha poco più di tredici anni e aspetta che suo papà e i suoi fratelli tornino a prenderla. È furiosa, brucia le tappe e si vende al mondo. Non le interessa l’amore, le preme essere raccolta. Che siano quelli sbagliati a farlo però, così che la fuga si mantenga sempre semplice. Negli anni, ha affinato l’arte della fuga e ad oggi, nessuno è ancora riuscito a prenderla.

Al di sotto di tutti gli strati, risiede la Michela che scrive. Lei è libera da legacci familiari, dagli schemi sociali, libera dalla morale che le altre non comprendono, eppure, seguono, libera finanche dalla fisicità e vive nei cuori di tutti quelli che la leggono. Sa di poter dire di sé che possiede solo tre cose, una figlia, un cane e la scrittura e, in verità, tanto le basta. È selvaggia, perennemente innamorata. Lei danza con i lupi ché non teme lo scontro fino a che le resteranno pagine da riempire.
È la Michela del nucleo, quella dello strato basale, le tiene tutte strette al cuore, le dirige in questa vita che troppe volte si complica. Litiga spesso con ognuna di loro, e ad ogni pace fatta è un nuovo strato e una nuova Michela. Le stringe la mano e gentile le sussurra:
“Benvenuta, quando avrai finito riconsegnami la chiave e chiudi la porta sul mio cuore” poi con sguardo serio aggiunge “E, per favore, sii più gentile con la prossima te”!



Michela