sabato 16 febbraio 2019

Di pinguini e dell'esercizio del qui e dell'ora.

Degli animali invidio la totale assenza nelle loro coscienze del concetto di tempo.
Da qualche parte, ho letto che i pinguini si accompagnano nella stessa coppia per tutta la loro vita e, per tutta la vita, intendo fino alla loro morte. È una scelta naturale. Loro non pensano al per sempre quando si scelgono. Non pianificano di trovare un lavoro, di sposarsi, accendere un mutuo ventennale per una casa in cui, poi, fare figli. Nulla di tutto questo. Loro si prendono per la pinna e incedono nella vita con il loro passo sbilenco. Magari qui e lì, capiterà ad uno dei due di scivolare. Forse sarà la signora Pinguina a cadere per prima, nel tentativo di farsi rassicurare d’essere amata, diventerà ossessiva, o, magari, signor Pinguino non noterà quanto sia lucente il manto di signora Pinguino, merito dei chili di calamari ingeriti. Crudi. Lei mangia calamari, crudi per essere la pinguina più bella per il suo pinguino e lui, nemmeno a dirlo, non lo nota. Tipico. Vero, amiche? In ogni caso, non conta. Alla fine, inesorabilmente, uno dei due ferirà l’altro e, tuttavia, resteranno insieme. Cammineranno l’una accanto all’altro, senza pensare a come sarebbe stato SE.
Se avessero scelto un altro pinguino.
Se avessero scelto un’altra rotta.
Se avessero colto il giusto momento.
Non esiste un altro pinguino, altra rotta e momento giusto. I pinguini si amano nell’ora, nel qui. Non è forse questo il punto?
Qualcuno potrebbe farci notare che, noi non siamo pinguini, non è, piuttosto, questo il punto?

In questo momento di profonda metamorfosi, ho capito che il mio problema risiede nella consapevolezza. È un’idea che mi ero fatta già da tanto, ma in qualche modo, riuscivo solo ad intravedere i contorni del problema, procrastinando a domani il più arduo compito di osservare, capire e risolvere. Ho dovuto perdere ancora un pezzo per capire cosa mi stesse accadendo.
Ho dovuto perderti, per capire che era il mio tempo questo, per fermarmi.
Non posso dire di essere una donna nata sotto un cattivo karma, ma quello che ho capito e che sto scegliendo di risolvere, è la mia tendenza a crearmi l’Inferno in terra. Perché? Perché, come la stragrande maggioranza delle persone di mia conoscenza, vivo come una trottola impazzita, nell’illusione di dover raggiungere più mete di quelle che una persona sana di mente, dovrebbe prefiggersi e nell’ubriachezza sensoriale che renda impossibile guardarsi dentro. Ho vissuto tutta la mia vita fino ad oggi, nella nebbia e, anzi, ancora peggio, ogni qual volta la nebbia si diradava per effetto di una buona azione ricevuta o di una più classica botta di culo, io ero lì pronta a rimescolare le carte. A riorganizzare il caos. Che perversione, vero? Certo, raccontando a me stessa che ero perfettamente a mio agio nel caos, che mi piaceva vivere così nel disordine mentale ed emotivo e, quindi, in quello puramente pratico della vita, della casa e, in fine, della famiglia. Certo, dentro me (come in ognuno di noi) c’è stata per parecchio tempo una vocina che cercava di dirmi “cosa diamine stai facendo”? ma per citare un inglese molto più profondo, saggio e poetico di me: ho una sorta di alacrità nell’andare a fondo. Nessuno la mette a tacere con la mia maestria. O forse, sì? In fondo, vedo gente fare delle scelte chiaramente errate ogni giorno, totalmente e irrimediabilmente scorciatoie per il dolore e loro, comunque, le imboccano. Chi sono io per giudicare? Io non giudico. Mai. Il giudizio in me è stato sospeso dalle innumerevoli leggerezze commesse in trentasei anni di vita.

Ho vissuto più o meno comodamente nel caos, nascondendomi poi, dietro frasi di questo genere: non ho idea di come io sia arrivata a fare questa scelta. Ecco, sì questa è una frase che chi mi conosce, mi ha sentita dire almeno una centinaia di volte, tanto che chi mi vive accanto spesso mi ha chiesto “scusa, ma eri per caso ubriaca”? Non lo ero. Magari, a volte, mi ha potuta aiutare un goccio, o un litro, di prosecco, lo ammetto; sono una che il Signore l’ha generata con la resistenza all’alcol di un giocatore di rugby di cento chili. La verità è che la sensazione era quella. Mi è sembrato spesso di essere ubriaca nella vita, perché tutta la vita sono stata una che le scelte non le ha mai calibrate. M A I e gente, lasciate che vi porti la mia esperienza, ve la butto giù semplice: NON VA UN CAZZO BENE. Lo so tanto che, come è noto, non servirà perché siamo nati tutti col diritto all’errore incorporato: sbaglio 2, il karma mi punisce per 3. Fino a quando mente e cuore non sono della stessa idea, amici STATE FERMI.

Non posso parlare per tutti ovviamente, ma posso farlo per me e per quelli come me. Non mi stancherò mai di ripeterlo: le tracce della nostra infanzia restano indelebili nella nostra vita da adulti. Anche quando siamo lontani decina di migliaia di giorni e di chilometri da quel passato e, anzi, tanto più lo si nega, tanto più ci tormenta. Non siamo pinguini, no. Siamo esseri umani dalla coscienza dannatamente strutturata ed è per questo, che tu hai lasciato la mia pinna, la mia mano, pardon!
Ad esempio, oggi so meglio di quando ti ho incontrato, quali processi perversi e maniacali io inneschi quando mi innamoro e devo ringraziare te e l’amore che ti porto per una benedizione così gigante come la consapevolezza di me stessa. O, almeno, un principio di consapevolezza.
Il mio è un loop anche banale, ecco svelato l’arcano del dolore. Il dolore esiste e nella sua esistenza è dannatamente banale, appunto. Lo viviamo tutti secondo la medesima scala di intensità.
Mi manca che fa male. Quante volte lo hai detto? Mi manca da morire! Sbagliato! Ti manca da vivere, perché se eri morta non la sentivi la sua mancanza. Il dolore è vita. Esso è connaturato alla vita stessa. La vera svolta, l’unica, vera trasgressione, è accettare che il dolore esista, capirne la sorgente, farlo cessare e liberarsi di lui sulla base di un patto semplice ed equo: do ut des. Ti lascio vivere e tu, non mi uccidi.
Invece, ecco la Michela che hai conosciuto tu cosa faceva:
non sono degna di essere amata perché papà non mi amava quando ero piccola--- innesco la paura dell’abbandono che, poi, diventa terrore ---- il terrore innesca l’autodifesa---- l’autodifesa imbruttisce e genera rabbia---- il piccolo Pikachu che mi hanno raccontato tutta la vita io sia, dà sfogo ad una tempesta di rabbia. Tipo tempesta di sabbia, mentre sei nel bel mezzo del deserto del Gobi. Quel genere di tempesta di sabbia. Non è semplice sopravvivere ad un muro di sabbia che ti viene incontro. L’unica cosa da fare è rimanere fermi, coprire la bocca e cercare un punto elevato in cui cercare riparo.
Così funziona il cervello di una con la sindrome di abbandono. Ti respingo e ti vomito addosso la mia rabbia con una forza tale che te ne andrai. La magia è quando rimangono e ti dimostrano che non hai bisogno di autosabotare la felicità. Restano. Una sola parola. Restano. Che suono divino, non è vero? A volte però, nemmeno restare basta. Tu, ad esempio l’hai fatto. Sei rimasto e io ti ho calpestato, perché nemmeno vederti lì accanto a me, dove volevo tu fossi, mi bastava. Ti volevo lì pronto a dire le parole che volevo sentirmi dire e tu non le volevi dire; ne avevi il diritto.
Amare è saper ascoltare anche quando non si parla. Se c’è una cosa che la nostra rottura mi ha insegnato, è che deludersi reciprocamente è un diritto per pochi eletti, ma è anche l’unica reale forma di amore.

Mi sono domandata cosa dovessi farmene di tutto questo dolore al centro del petto.
Ci sono giorni che penso di aver smesso di soffrire per te, mi dico che il segreto è respirare. Inspiro, espiro, inspiro, espiro, forzo un sorriso. Inspiro, espiro, inspiro, espiro, piango di nuovo.
Altri giorni in cui mi sveglio piangendo e poi, durante la giornata, durante i pianti che arrivano all’improvviso, scopro che non piango per te. Piango perché, finalmente, quella vocina che ho messo a tacere fin dalla più tenera età, ora, dopo la devastazione che ho lasciato dietro me e te, mi parla di nuovo, la sento forte e chiara, dura sempre troppo poco e spero con l’esercizio e la disciplina di riuscire ad imparare a ritrovarla ogni qual volta ne avrò bisogno.
E poi c’è il cuore che fa male. Oddio, se fa male. Ho capito che il mio cuore ha questa strana capacità di gonfiarsi di dolore fino quasi ad implodere nel mio torace, ma poi in qualche modo si sgonfia. Anche il vostro?
E ho capito che respingere l’amore che ho per te è una contraddizione in termini. Non si può smettere di amare perché si vuole essere amati, non credi? Amare è dare. Dare, dare e dare. Ricevere è una parola che non ha nulla a che fare con l’amore.
Quindi, ecco il mio piano. Io resterò qui, ferma nel mio incondizionato amore, che nessuno, te compreso, capisce, ma che a me è sempre più chiaro. Disciplinerò me stessa ad essere la donna forte e indipendente che so di essere e procederò col mio passo sbilenco nella mia vita, inondandoti da lontano del mio amore, a pinna tesa.
Spalancherò la porta sul mio cuore che tenevo socchiusa e forse tu rientrerai, o entrerà il sole, o magari, entrerete entrambi e sarà come deve essere: io e te, pinna nella pinna, a passo sbilenco nel mondo.
In entrambi i casi, ci sarà il sole ed avrò un buon motivo per sorridere.

13 commenti:

  1. Spettacolare anche se ci sono dei nn sensi

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  2. Io onestamente rimango sempre senza parole.... Meraviglioso...

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  3. Sei la mia numero uno ...... sempre ❤️ Francesca

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  4. Col cuore e con l'anima...spero che quel sole entri presto nella tua vita!

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  5. Ma un mese fa non era un orco incapace di amare e fallito?

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    1. Anonimo, che sia un orco credo di averlo detto in tutte le lingue possibili. Incapace di amare non l'ho mai detto. Che non ami me, l'ho detto e sì, credo sia, purtroppo così. Che sia fallito non lo penso e non l'ho detto, invece. Al contrario, ho detto che per me era il mio campione.
      Che sia stata la persona che più ho amato nella mia vita, è vero così come, resta vero, che quando si ama così tanto si rischia di soffrire di più.
      Ho imparato che l'amore è un lusso che devi sapere conservare, io sto cercando di imparare dai miei errori.
      Grazie per la lettura, comunque.

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    2. È facile dare la propria versione cancellando i post.

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  6. Facile? Non direi. Al contrario, per una persona piena di orgoglio come me, è stato difficilissimo ammettere di aver sbagliato. Il post l'ho cancellato perché mi sono resa conto (molto tardi purtroppo) di due cose, entrambe importanti e che voglio condividere con te, anche se credo, che non ti interessi in realtà.
    La prima è che mai più consentirò a me stessa di scrivere in preda alla rabbia, dopo una delusione di amore e ad orgoglio narcisistico ferito, perché è certo che me ne pentirò. Sai perché? perché sono afflitta da un orribile morbo che mi fa dire solo parole al vetriolo che, nella maggior parte dei casi (come in questo) non penso veramente, ma pur di essere efferata sono disposta a dire qualunque cosa. Su questo punto sto cercando di lavorare su me stessa. Sto cercando di imparare a mordere la lingua a sangue prima di parlare in preda all'ira.
    La seconda, è che la mia rabbia, il mio orgoglio ferito, il cuore spezzato in mille pezzi perché Orco non ha capito che non volevo mettere fine alla nostra storia davvero, volevo solo scuoterlo; nulla di tutto questo, giustifica la bassezza di quel mio gesto. Recuperata la ragione me ne sono resa conto, mi sono vergognata come mai nella mia vita, ho provato a chiedere scusa e ho fatto l'unica cosa che andava fatta.
    Vedi Anonimo, non mi aspetto che tu capisca perché non mi conosci di persona, ma solo attraverso un blog, ma per lungo tempo io non ho avuto controllo della mia lingua, perché sono stata ferita (come tutti quanti noi, lo so) molto dalle persone che amavo e, le parole, erano tutto quello che avevo per far credere loro che non mi stavano ferendo. Oggi, ho capito, che va bene sentire dolore. Va bene piangere. Va bene non essere indistruttibili.E, soprattutto va bene dimostrarlo. Non casca il mondo, sei solo umano. E questa, è un'altra cosa per la quale devo ringraziare il mio Orco che mio più non è, che mio non è mai stato, che mio non sarà mai. E' stato un viaggio lungo e tortuoso, durato un anno di post su questo blog. Non so se hai mai letto gli altri post, ma sono tutti (quasi) dedicati a quest'uomo incredibile che è Orco. Ho iniziato dicendo che non volevo un Principe Azzurro, poi ho incontrato Orco e mi sono perdutamente innamorata di lui, lungo la strada sono stata ferita (e ho ferito e di questo non mi do pace) e ho temuto che gli Orchi fossero peggio dei Principi e poi, c'è stata la rottura finale. In quel momento ho provato una rabbia che spero di non provare mai più e ho detto a me stessa, l'Orco che tanto ami è un bluff! Non ti serve un Orco, devi cercare altro. Così sono iniziati i pianti, le urla, e poi ancora i pianti e ancora e ancora. E oggi lo so, aveva ragione lui dal primo giorno. Avevo tutto sbagliato. Non era l'Orco ad essere sbagliato, ero io a non essere pronta alla crescita che mi chiedeva di fare. Ovviamente per lui tutto ciò non ha più senso e, anche in questa occasione, ha ragione lui. Anche io non mi troverei più interessante. Per questo non sto scrivendo più post. Sto provando a fare quella crescita, perché ho perso Orco, ma ho ancora me e mia figlia ed entrambe meritiamo una versione migliore di Michela Belli.
    Grazie per l'affetto dimostrato leggendo le cose che avevo da dire su Orco che resta il mio grande amore con tutte le sue contraddizioni, ma è sempre e solo lui. Per sempre.

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  7. Scusa...suona così autocelebrativo e fuori tempo.
    Ti auguro di imparare a misurare le parole, prima e dopo, così hanno solo il sapore di lacrime di coccodrillo.

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  8. hai detto bene, SUONA. Tu non mi conosci, se lo facessi, mai avresti inserito in un unico contesto me e la parola autocelebrativo. Dovresti provare a non giudicare il dolore degli altri. Non è un atteggiamento che ti presenta bene. Questo post, come tutti quelli di questo blog che, mi pare chiaro non gradisci, parla di cose vere e sentimenti reali. Parla di un cuore spezzato davvero, per questo, trovo parecchio fuori luogo i tuoi commenti, soprattutto quest'ultimo. Come ti permetti di dire che le mie sono lacrime di coccodrillo? Non hai la minima consapevolezza di quello che è accaduto tra me e questa persona. Come pensi di poter svilire così qualcosa della quale non hai la minima nozione?

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  9. Adesso rimpiangerai anche il terrone?

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