sabato 3 agosto 2019

Di amore e tiri al bersaglio.

Com’è che molti di noi da adulti credono che l’amore, sia nella mancanza? Mia figlia di sette anni ed io, ad esempio, abbiamo due versioni dell’amore molto diverse e, la sua, inutile dirlo, è la più equilibrata. In sintesi Baby V crede che, l’amore, sia questione di stare insieme. “L’amore è quando due fanno tutte le cose insieme, mamma. Fanno la spesa insieme, si aiutano tra loro stessi e si fanno tatuaggi uguali”. È in questi momenti di conversazione con mia figlia, che capisco la vita. Pur essendo una persona parecchio introspettiva, nella vita navigo a vista e agisco sempre senza pensare. Da giovane mi rendeva affascinante. Michela l’impetuosa. Michela Cime Tempestose. Oggi, mi rende Michela la bomba ad orologeria. Michela la pazza. Michela quella da evitare.
La frase sull’amore di Virginia, coinvolge tre azioni verbali e un unico tempo. Io, due su tre azioni, le svolgo con un unico uomo. Non male, c’è bisogno di qualche adjustements, come quando non entri in una posizione Yoga e il maestro ti spiega come fare, comunque c’è del potenziale e con potenziale intendo che, tre su tre non è fattibile per me, perché io non faccio la spesa, praticamente, mai. Quindi direi che, nell’ottica di Virginia, ho raggiunto con un’unica persona, il massimo della possibile percentuale amorosa. Purtroppo però, io non sono candida come mia figlia. L’amore, per la mamma di Virginia, è un pelo più complesso, ma tirando le somme credo sia scoprire, anzi scoprire non è il termine adatto; capire, ogni singola volta che, ti amo nella tua assenza.
Suona poetico, lo so, invece, non lo è. In realtà sono portata a credere più che sia una condizione clinica invalidante. Roba che mentre l’italiano medio fa la fila per il reddito di cittadinanza, io la farei per la pensione di invalidità amorosa.
Signora, lei soffre di una forma di cecità selettiva che non le consente di riconoscere l’amore quando ce l’ha di fronte.
Qualcuno di voi può relazionarsi con questo?
Come recitava Neruda –me gustas cuando callas porque estás como ausente- è il tema dell’assenza a fregarci.
Quando io e Orco ci siamo lasciati, V nella sua infinita saggezza di seienne disse, “mamma, devi cacciarlo dalla tua scala”. Così ho scoperto che, l’unità di misura dell’amore a sei anni, è la presenza. Detto fatto. Un po’ più complesso è il concetto di scala interna dove mia figlia posiziona i suoi affetti, del quale un giorno, forse, parlerò. Ci sei, ti vedo, dunque, mi ami e io ti amo di rimando. Non ci sei, non ti vedo, dunque, non mi ami, allora, perché io dovrei tenerti nella mia vita e, nel mio cuore? Faccio posto a un nuovo amore. Fuori il vecchio e dentro il nuovo. Può sembrare immaturo e superficiale, invece, è un concetto profondamento yogico di non attaccamento. Le persone entrano nella nostra vita, di norma, per insegnarci qualcosa sul nostro percorso karmico. Una volta imparata la lezione, queste, vanno via. AltrovE. Non c’è niente in questa vita che duri per sempre e, se accettiamo che tutto ha una fine, perché i percorsi individuali fatti insieme poi si diramano in altri percorsi che, invece, ora ci separano, oppure, ancora più verosimilmente, perché le nostre forme terrene periscono e cessano di esistere, allora, possiamo essere in grado di capire e accettare che, l’amore nasce, cresce e muore, proprio come tutto il resto delle cose di questo Pianeta. A volte in un incendio bellissimo, altre, con il tepore del rassicurante fuoco di un camino invernale.
Il fatto è che non vogliamo accettarlo. Per questo, iniziamo ad accampare mille scuse. Se avessi detto, se avessi fatto, sì ma adesso saprei come amarti. Quante volte lo abbiamo detto? Come se rinunciare alla parte di noi che in quel rapporto non ha funzionato, ci mettesse al riparo da un nuovo fallimento. Il solo chiamarlo fallimento è, il fallimento stesso, della nostra esistenza. È finita perché avete smesso di comunicare. Non c’erano più parole, gesti, lezioni da donare e prendere. Dovremmo radicalmente cambiare le lenti scure attraverso cui guardiamo alle nostre vite. FINE è solo il sinonimo di nuovo principio, a noi, invece, hanno insegnato che era il suo contrario.

Personalmente, ho smesso di accettare che la fine sia una sterile fase di vuoto della mia vita e cerco, con enorme sforzo sia chiaro, di usare le mie fini come laboratori creativi nei quali reinventare me stessa. Conoscere le nuove parti di me che quelle relazioni, mi hanno regalato. Mi sforzo di pensare che ora, sono una versione migliorata di Michela Cime Tempestose. Mi piace fermarmi a riflettere su quanti pezzi di me che non credevo sarebbero mai andati via, oggi sono nelle anime di quelli che mi hanno amata. Mi piace visualizzare quelle parti e, cercare di immaginare come abbiano modificato, le vite di quelli che le hanno prese con sé.


Ho trascorso gli ultimi otto mesi della mia vita immobile. Espiando colpe che avevo e inventandone di altre per non rischiare di guardare avanti. Ho detto a tutti che stavo male e ho recitato un unico mantra per otto lunghi mesi. L’ho detto, l’ho meditato, l’ho scritto e se fossi stata intonata lo avrei cantato, per fortuna sono stonata come una campana. Ho pianto, mi sono fatta vedere da mia figlia mentre toccavo il fondo, mi ci sono accovacciata ginocchia al petto, faccia tra le gambe a piangere, piangere e piangere consumandomi nel corpo e nel volto invece di dimostrare a mia figlia che dal fondo, si risale sempre. Perché? Si può davvero amare così cocciutamente un uomo che non ti ama, non ti vuole, respira lontano da te, progetta nuovi percorsi, li inizia e conclude il tutto, senza mai guardarsi indietro? Non lo so, ma so che puoi raccontartelo e dirti che il dolore che provi è di certo amore, perché amare significa soffrire, per questo ti amo se non ci sei. Posso dire che per me, è sorprendentemente facile, avere a che fare col dolore ed è, pressappoco impossibile, capire quando sono felice.
Tutto profondamente sbagliato. Amare, ora mi è dolorosamente chiaro, significa accettare le scelte dell’altro anche quando lo portano lontano da te. Anzi, significa accettarle, appoggiarle e assecondarle con la fiducia che, alla fine di tutta la distanza che metterete tra di voi, vi ritroverete. Significa dire- ti amo, darei tutto quello che ho per averti qui al mio fianco oggi, perché muoio dalla voglia di iniziare la nostra vita insieme, ma preferisco credere in te e aver fiducia che, quando sarai pronto, tornerai, perché sai che sono i miei, solo i miei, gli occhi che cercherai in ogni stanza affollata in cui entrerai. Significa chiudere il cuore, aprire la mente e sentire la vicinanza della sua, mentre il resto del mondo la chiama vita. Significa sapere che lui è quello con cui finirai questo viaggio e inizierai il successivo. Amare, significa dire grazie per aver saputo aspettare quando ero cieca, sorda e muta, ora tocca a me e aver fiducia che, mentre ti infligge il più violento dei colpi, in realtà, sta solo facendo un giro lungo per tornare da te.

L’amore è la cosa più preziosa che abbiamo dentro e dovremmo imparare a donarlo solo a chi realmente lo vuole.

Il mio cuore è come una gigantesca patata bollente. Mi brucia dall’interno, cerco di liberarmene e la lancio con violenza per essere certa che, il suo peso caschi dritto tra le braccia di qualcuno. Tutti però la rilanciano, è pur sempre una patata bollente. Scotta, è pesante, è difficile da gestire, non lo so se voglio questo dalla vita, oppure, una relazione che mi faccia sentire più tranquillo, non sai reggere la routine di un rapporto, è complicato.
Ogni volta che qualcuno lo prende tra le mani poi fa a gara con gli altri a chi se ne libera prima. Fanno bene, perché è dannatamente vero: il mio cuore è ingombrante e reca un gigantesco bersaglio al suo centro.
Mirare, puntare, bum e, come al tiro a segno sbucano fuori sempre nuovi bersagli, analogamente, dalle ceneri del mio cuore, ne sbuca sempre un nuovo.
Quindi, spara, spara pure.

Per sempre è composto di infiniti attimi. Non importa quanti, importa quali e importa dove.
Qui, ora, sempre.

2 commenti:

  1. Ogni volta mi commuovo profondamente e ogni volta mi ritrovo in te.... Ti voglio bene

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