domenica 13 settembre 2020

Ogni cosa è illuminata. Ovvero, come l'amore ti leva i dubbi e ti trascina al centro di te.

 Il problema con quelli che dubitano è che, in realtà, non ricercano risposte.

Loro abitano l’incertezza. Se ne stanno lì, la mano sul mento a riflettere con lo sguardo perso verso il cielo. Hanno bisogno di credere che quel percorso neuronale li porterà dritti a una risposta. Sono sinceramente convinti che il dubbio, la crisi, il caos, siano propedeutici all’ordine, alla tranquillità, in una parola, alla certezza.

La vita mi ha insegnato che quando il dubbio si affaccia sulla certezza, è il mio tempo di andare.

Come nel cartone animato “Inside Out” Tristezza sfiora i ricordi e quelli, si colorano di blu, allo stesso modo, Dubbio sfiora una certezza e tutto intorno, crolla.

Non c’è altra possibilità in me.

Questa, è già la prima certezza. Forse, l’unica.

 

C’è stato un periodo in cui ricercavo certezze assolute, che mi tenessero al sicuro dalle tempeste di una mente amletica come la mia.

Alla ricerca del “certamente vero” ho fatto i più grandi errori della mia vita.

Poi ho capito.

C’è una parte di noi, che di fronte all’incertezza, comprende prima della mente, cosa stia accadendo.

È il nostro corpo sottile. Il canale ricettivo della nostra pelle.

È quel qualcosa, che si agita dentro noi e non ci da pace. È il tormento di non seguire il nostro istinto. Più cerchiamo di ammansire la bestia, più quella ci mangia da dentro. Vivi.

Guardando indietro, posso dire che alcune tra le fini più dolorose, hanno aperto il varco ad alcune delle gioie più profonde della mia esistenza.

La vita è un moto incessante in continua evoluzione e non possiamo esimerci dal viverla. Anche restando fermi, al sicuro, nelle nostre certezze, la vita accade, trova sempre il modo di mettere due persone destinate ad incontrarsi, l’una di fronte all’altra.

 La vita e il tormento di chi non segue il suo istinto.

 L’istinto, alla fine, ti prende e ti trascina esattamente dove devi essere.

 

Il cambiamento va assecondato. Non ci sono altre alternative possibili.

Lo so, quelli che dubitano ci devono comunque provare a frenare la vita. Fanno bene. Io ho smesso di fare Dulcinea però. Il Cavaliere Errante che non mi ha mai vista e mi trasforma in qualcosa che non sono, fingendo amore, lo lascio a chi nel dubbio non sa stare.

Mi fido della vita, invece.

Mi affido alla tempesta, invece.

Quando il cambiamento arriva, mollo gli ormeggi e lascio andare.

Lascio andare, perché restare ancorata al passato, non lascia spazio vitale ai nuovi inizi.

Lascio andare, perché ho fede che la vita mi darà tutto ciò di cui ho bisogno, per crescere e rialzarmi.

Lascio andare, perché nell’incertezza so che troverò paura e desiderio e tutto sarà chiaro. Suona ossimorico, lo so. Invece, è la dicotomia di tutte le nostre esistenze.

Lascio andare, perché aggrapparmi alle cose e alle persone che non sono più destinate a me, mi impedisce di credere in me stessa.

Lascio andare, perché perdere tutto, spesso, è la miglior cosa che possa mai accadere. Anche se fa male.


Non tutte le unioni sono destinate a durare, perché la verità è che molti di noi, si sposano per le ragioni più sbagliate.

Io mi sono sposata a ventinove anni con un ragazzo che, semplicemente, non era quello giusto. Non eravamo innamorati, ma lui mi faceva sentire al sicuro. Io che al sicuro non mi sono mai sentita in vita mia.

Non c’era quell’incastro perfetto di elementi, che ti fanno bruciare da dentro se non lo tocchi nello stesso istante in cui lo stai guardando. Non c’era quella chimica per la quale, anche i suoi difetti, sono qualcosa su cui scrivere poesie. Ma era il mio più vecchio e caro amico e, a quel tempo, io ero certa (avendo fugato ogni dubbio in me) che pur non avendo quel fuoco dentro, la nostra secolare amicizia, sarebbe bastata a tenere in piedi il nostro matrimonio. Poi è nata V e il mio corpo in un istante ha ricordato cosa fosse la furia dell’amore. Quello vero. Quello che non dubita, nemmeno se ti chiami Amleto.

Alla fine il mio matrimonio è deflagrato come una bomba all’interno di una camera da letto. Lanciando me al nord e lui al sud delle nostre vite. Ma l’amicizia, non ha fallito l’esame e da quella esplosione, siamo usciti ammaccati, ma vivi.

Vorrei poter dire che mi sia servito a capire chi ero. Non è così. Tuttavia, ha reso noto a me e a chi mi conosceva, che tra tutte le mie perversioni, quella che meglio mi riusciva era dissimulare l’amore per non rischiare di affrontare me stessa.

La mia tendenza a muovermi, a stordirmi pur di non guardare nella mia ferita ancestrale, hanno di nuovo lavorato da dentro. Così, ho sostituito a un matrimonio sbagliato, una convivenza affrettata con un uomo che ho amato intensamente, al quale però, non ho mai consentito un reale accesso dentro me.

Non potevo. Non ne avevo mai avuto uno nemmeno io stessa.

Alla fine quell’unione si sbriciolata in una furia di rancori, incomprensioni, raggiri e pulsioni di vita e morte.

Tutto intorno il nulla più profondo e macerie.

La fine di quell’unione, è stato il più grande dono per la mia crescita. Ho perso tutto quello che amavo e mi sono ritrovata in piedi, da sola, di fronte alle mie ferite più profonde.

Io e la mia paura dell’abbandono. Io e la mia paura di non essere amata. Io e la mia voragine, che per tutta la vita, avevo riempito di relazioni e cose per la paura di fermarmi.

Una volta andata in frantumi, il mio lavoro di guarigione è iniziato.

Per la prima volta in vita mia mi sono fermata e sono rimasta nel vuoto che ho sempre sentito.

Ho permesso a me stessa di rincontrare la ragazzina che mi porto dentro, perennemente offesa dalla consapevolezza di non essere nulla di speciale, se nemmeno suo padre, l' ama tanto da restare. Per la prima volta, mi sono concessa di ascoltare i miei sentimenti. Il lutto per la perdita di un amore così profondo che si ricongiungeva al lutto per la perdita dell’amore di mio padre. 

In quel frangente, mi sono rifiutata di riempire le buche dentro me e le ho lasciate scoperte così da cascare in ognuna di esse.

Ho fronteggiato la mia oscurità. Ho guardato in faccia la Michela che avevo fatto conoscere al mio ex e ho potuto guardare alla mia relazione con lui con lucidità. Due persone piene di dolore, con fantasmi impossibili da nascondere che cercavano di superare i traumi senza guardarsi dentro.

E, a due anni dalla nostra rottura, mi sono perdonata.

Non c’è vergogna nella fine.

Non c’è neppure fallimento nella fine di una relazione. C’è, però, possibilità di crescita, basta accettare di attraversare il dolore e accompagnarlo fuori dalla tua vita. 


Vedrai, una mattina accadrà qualcosa di veramente buffo e riprenderai a ridere. Ti volterai e incontrerai lo sguardo di un uomo. Lui ti guarderà, tu ti illuminerai tutta, come una torcia nella notte e sarà luce. Ogni cosa illuminata, in luoghi nascosti dentro te che nemmeno sapevi di avere e sarà la porta sulla nuova te. Sarai finalmente, inesorabilmente viva e incontrerai l’amore con occhi che sanno vedere. Quell’uomo confonderà ogni tua certezza e tu, comunque, non saprai mai più dubitare.

Perché l’amore è tutto, meno i dubbi.

1 commento:

  1. Io sto ancora naufragando pur sapendo, o credendo, si saper nuotare. Ti auguro di cuore di trovare quell'amore senza dubbi, che da qualche parte sta aspettandoti, ma secondo me nessuno sarà mai davvero all' "ampiezza" del tuo cuore.

    RispondiElimina