martedì 4 agosto 2015

la vita di dentro, la scrittura e il matrimonio.

Stamattina sono tornata in spiaggia, dopo una settimana di assenza.
Come di consueto ho nell'ordine desiderato:
A) lanciarmi in acqua senza dover passare per la riva
B) dall'acqua poi, rilanciarmi direttamente sul lettino perché la sabbia che si appiccica ai piedi bagnati e poi,  praticamente inonda, ogni oggetto che ti sei portato dietro, fa parecchio schifo.

Invece, poiché, con mio sommo giubilo, sono madre di una ormai treenne, il mio arrivo in spiaggia, ha seguito il solito iter: pausa al forno per la schiaccia, parcheggio del passeggino ultra moderno, ultra pesante ed ultra ingombrante di Virginia (nota futura al mio alter ego materno che tanto non ascolto, anzi, mi apro una birra ogni volta che la sento mormorare guarda-che-culetto-da-prendere-a-morsi-ha-quel-bel-bimbetto, se decidi di procurarti altri tre anni, nella migliore delle ipotesi, di insonnia, emicranie da inquinamento acustico e mani nella merda come fosse marmellata di corbezzoli, almeno compra un passeggino leggero, oppure, emigra in un paese tipo gli Stati Uniti dove le case, gli ascensori, le auto e tutto intorno è a dimensione gigantesca, BIG come direbbe mio marito, ma questa è un'altra storia) e infine slalom tra gli ombrelloni con borsa del mare inspiegabilmente, visto che ho comprato le asciugamani in microfibra notoriamente brutte, ma leggere, più pesante di una zavorra e Virginia in braccio, perché sono le 11.30 e "mamma, in collooo, brucia la sabbia!".
In ogni caso, arrivo madida di sudore al mio agognato ombrellone 51 e schianto in terra a pochi millimetri dal lettino, con borsone e bambina. La dolce nonnina mia vicina stagionale, ci sorride. Ci conosce, sa che siamo un po' disfunzionali, ma non infastidiamo. Spoglio e incremo entrambe e via a mare. Quando su una scala da 1 a 50 abbiamo raggiunto un livello di inzuppamento, a Napoli impurpamiento, 60, decido che è ora di trascinare mia figlia fuori dall'acqua, non prima però, di  aver desiderato di estinguermi dalla terra, mentre Virginia, sulla riva, candidamente si cala il costume, per pisciare con tanto di posizione a sedia.
Il mio sguardo passa da modalità miope sua propria di natura, a serial killer verso Virginia, e in fine a non -conosco -affatto -quella -creatura con tanto di distanza di sicurezza quando guardo i bagnanti che, a dirla tutta, non ci guardano affatto, tutti tranne una donna. Le sorrido e mi sorride, la conversazione telepatica che è seguita, è stata è più o meno questa:
Io-"questi bimbi senza sovrastrutture e censure sociali, come sono dolci"
Signora sorridente- "Sì, però la pipì fa un po' schifo,"
Io- "Vabe', almeno così sai dove l'ha fatta, prima a passeggio in acqua ho avvertito 5 correnti tropicali sospette!"
Signora sorridente-"Cacchio, dove? Ma non era bandiera blu, Follonica?"

Riporto lo sguardo su mia figlia:
"Virginia, amore ti ho detto tante volte che- sguardo a destra e a sinistra, per controllare non ci stiano sentendo, abbasso la voce di un'ottava- non devi abbassarti il costume per fare pipì a mare. La devi fare nel costume in piedi!!
Lei cerca di replicare "Ma mammaaaaa, si abbassano le mutandine per fare pipì!" un' istantanea di me, l'anno scorso, a luglio, mentre cerco disperatamente di far capire a mia figlia, nei tre lunghissimi giorni di spannolinamento ufficiale, che la pipì e la cacca non si fanno nelle mutande, mi fa barcollare. Quella dei bambini, è una logica crudele.
"Sì, amore, tranne che a mare. A mare la pipì si fa nel costume in piedi" le dico poco convinta. Dio ti prego, fa che non mi chieda della cacca. Sembra poco sicura della risposta, ma a tre anni, Virginia sembra già aver accettato che, a volte, la tua mamma e più o meno tutto il genere umano, ti deludono con le bugie.

Archiviata la pratica pipì, ci asciughiamo e mangiamo un pezzo di schiaccia al sole e per un istante magico, siamo nella quiete completa. Il mare si infrange rumoroso e pacifico sulla riva, il maestrale ci accarezza senza ululare e il sole ci riscalda la pelle ancora umida. La schiaccia, quel piccolo miracolo nato solo da acqua e farina nelle sapienti mani di donne molto, ma molto lontane da me, ci fa compagnia e ci ricorda che, a volte, anche solo stare sedute l'una in compagnia dell'altra a masticare pezzi croccanti di chiaccia come la chiama Virgy, è già un bel gioco. Il tutto dura il tempo necessario per far sì, che la schiaccia arrivi dritto nel suo stomaco, poi, Virginia rompe l'incantesimo decretando l'inizio del tempo del castello di sabbia. Andiamo quindi a prendere la sacca di giochi in cabina.

Arrivati alla cabina 32, la nostra, apriamo la porta di legno blu scuro e, insieme al bellissimo odore di salmastra incrostata alle vernici di anni e anni, una piccola sorpresa mi riscalda il cuore. Mio fratello, mio ospite l'ultima volta che ero venuta in spiaggia, ha messo in ordine la baraonda di cose che io avevo molto diligentemente lasciato a cazzo di cane sul pavimento della già minuscola cabina, nella quale, a quel punto, era diventato impossibile entrare. Tutto in ordine. Tutto sciacquato in mare e poi con garbo, cura e dolcezza, riposto al proprio posto. Un proprio posto che io non avevo la minima idea esistesse. Il salvagente appeso, tutti i giochi in un angolo e tanto, tantissimo amore lasciato lì da lui, per me, per noi.
Perché ci hai raccontato questa cosa della cabina e dell'intera giornata a mare, direte voi?!
La risposta, in verità, non è ancora arrivata ad un livello conscio dentro di me. E' solo che, ultimamente, penso molto a chi sono diventata, come sono arrivata ad essere quel che sono e, soprattutto, a chi voglio diventare.
Quando ero ragazza, da qualche parte l'ho detto già, sono stata molto innamorata di un ragazzo. Moltissimo. Era davvero quello che si dice una perla di ragazzo. Un ragazzo di casa. Un ragazzo pulito dentro e fuori e, in adolescenza, soprattutto la pulizia intesa come sana abitudine di lavarsi nel genere maschile, fissa un target quasi inarrivabile. Era una storia a tutto tondo, così forte da diventare ingestibile. Almeno per me, che ero piccola e credevo di esser donna fatta. Così, col cuore gonfio di sentimenti contrastanti, presi l'unica decisione che una donna con le palle avrebbe potuto prendere, almeno questo, era ciò che mi ripetevo e troncai di netto la storia. Per le potature grosse, sono sempre stata l'esperta da chiamare, ma di questo, forse, parlerò altrove. Il fatto è che la cabina lasciata in ordine da mio fratello, è stata, questa mattina, la mia maddalena. Mi sono ricordata di una sera in cui nella mia camera, questo ragazzo bellissimo, dolcissimo e innamoratissimo, piegava i miei vestiti per nessuna ragione più speciale, del semplice piacere di far qualcosa per la persona amata e di me che invece di essergliene grata, gli urlavo contro qualche cattiveria sulla libido di una donna che va a finire sotto i piedi quando vede il suo uomo piegare i vestiti. Oggi che sono una donna sposata, la mia risposta è il vero opposto. Se vedo mio marito ritirare il bucato, piuttosto che alzare i suoi calzini da terra senza aspettarsi che passi io a farlo, la mia libido mista alla gratitudine mista ancora alla pura e semplice incredulità sale alle stelle. Non so più un granché di quel ragazzo, ma spero per la donna che ama, che non abbia mai smesso di piegare i vestiti solo perché una stronzetta saccente che invece non sapeva nulla di nulla della vita, gli aveva urlato di smetterla.
Questo pensiero stamattina, mi ha poi portata a pensare al blog e più generalmente, alla scrittura che poi, è ciò che mi spinge nel mondo.
Si può essere madre, donna felicemente sposata e scrittrice di qualità senza auto censurarsi? L'altro giorno leggevo un bellissimo intervento della scrittrice Loredana Limone, nel quale esprimeva un suo punto di vista. L'ho trovato molto interessante e lo vorrei condividere con voi. La scrittrice della trilogia del Borgo Propizio, affermava, che per scrivere un romanzo, bisogna lavorare di fantasia e coltivare un bagaglio di esperienze " ci vuole la vita, dentro" alla quale poi, eventi e personaggi della storia, attingeranno per trarne spessore e credibilità, ma solo ( e qui la sottile differenza che, non lo nascondo, ha creato un piccolo fraintendimento tra me e Loredana) ed unicamente DOPO aver vissuto.  Sono completamente d'accordo, ma credo anche, sia molto, molto difficile.
Crescendo, ho smesso di essere quella stronzetta saccente che ha spezzato il cuore del ragazzo che in fondo al cuore lei stessa amava. Sono diventata molto, forse troppo, attenta alla sensibilità delle persone che amo e che mi circondano e questo, probabilmente ha irreparabilmente minato la mia libertà intellettuale e artistica. Mi seguite?
Ritornando al mio quesito, sì, credo sia possibile, quando si ha il compagno giusto. Personalmente ho un marito che amo tantissimo, che è casa mia più di qualsiasi luogo io abbia mai chiamato casa. Scrostato un primo superficiale, strato di gelosia che io stessa proverei nel leggere di altre persone pur sapendole di fantasia, perché pur sempre, devono partire da qualcosa, qualcuno che dentro noi abita, sono certa del suo supporto e del suo orgoglio quando dice a mare e monti "Mia moglie (ben sottolineando quel mia) ha scritto un romanzo" "Sì, ma è auto pubblicato" arrivo io a ridimensionare la cosa.
Quello che mi tormenta davvero, è altro. Come può un compagno, scegliere scientemente di vivere tutta la sua esistenza, con una donna con tutte le maree interiori che si ritrova una scrittrice?
Come potrò io imparare a tenerle a bada?
Mio marito, sarà sempre così titanico come oggi lo conosco, da non sentirsi schiacciato dalla "mia vita di dentro?"

Non lo so. Questo mi turba, ma per ora preferisco guardarlo ritinteggiare di fucsia  la camera di nostra figlia (Virgy è un leone dai gusti molto, molto discreti) e sorridere con lui con una birra ghiacciata per aperitivo, perché il suo sorriso bellissimo agita le mie maree più di qualsiasi vita di dentro.

4 commenti:

  1. Bel pezzo anche questo, sono tanti gli stati d'animo che si alternano leggendolo, l'ironia passa per l'incredulità che lascia il posto al pensiero malinconico di chi qualcosa di grande nella vita vorrebbe fare, ma che per adesso ha fatto un passo importante, che tende a sminuire per non rimanere male in futuro...Scrivi un libro a tema mammesco, ne hai di cose da raccontare tu....E lui che piegava i vestiti...non commentiamo!

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    1. Un libro a tema mammesco, dici? Non so se mi ci vedo, io di mamma stento a prendere il tittolo. Ci penserò, in questo momento però è già in creazione un romanzo che in qualche modo ha a che fare con la maternità, ma non come credi tu!

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  2. ma è l'amore che domina le maree.
    quindi non chiedere e non chiederti troppo.
    lasciati cullare dai flutti e...di tanto in tanto molla il boccale e impugna il pennello!

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