giovedì 30 giugno 2022

Sulla semplicità e i suoi poteri. Un Manifesto per tutti i tutti danneggiati di infanzia come me.

Quella della guarigione della ferita di infanzia è una dinamica dalla quale più scappi, più non hai scampo. Non basta conoscerne le motivazioni. Farne l’anatomia con ostile disincanto. Non basta dirsi non è colpa tua, eri una bambina. Devi sederti con la tua ferita ogni giorno e, ogni giorno, accettare che è lì, una cicatrice che non andrà via. Io ci provo. Le parlo e cerco risposte. A volte arrivano come enormi elefanti nella stanza che faccio fatica a credere di non aver mai visto, altre volte, invece, esplodo come una supernova e brucio ogni ponte io sia stata in grado di costruire in quaranta giri intorno al sole. Quando questo accade, più spesso di quanto ami ammettere, seguono giorni di contrizione, pentimenti e autolesionismo. Per lunghissimo tempo ho ritenuto vero, scoppiando nella vita di alcuni che, al mio fianco, ci fosse spazio solo per un guerriero. Qualcuno dotato di coraggio, che accettasse la mia condizione di autismo emotivo –citando le parole di qualcun altro - e accettasse che non sono in grado di frenarmi quando, con minuziosa attenzione, faccio di tutto per farmi odiare. Per anni ho pensato, non sono io, non è questa Michela che vedi di fronte a te a ferirti con chirurgica ossessione, è la bambina ferita. Oggi so che sbagliavo. Oggi so che non era il mio trauma a farmi distruggere ogni rapporto mai costruito con un uomo. O meglio, non era solo il trauma dell’abbandono. È che la bambina ha costruito un sistema di valori inarrivabili nella sua mente. La figura idealizzata di un uomo che, molto semplicemente e, francamente per fortuna, non esiste. Un superuomo che, come avrebbe detto Nietzche è un oltreuomo. L’evoluzione, il superamento dell’uomo come lo conosciamo. Per tutta la mia vita di giovane donna adulta mi sono innamorata del super uomo che creavo a partire da un piccolo guizzo emotivo che alcuni (pochissimi, a dire il vero) erano capaci di farmi sentire. Poi la vita accadeva, quel super uomo si sgretolava davanti ai miei occhi che increduli non accettavano l’onta ricevuta. Come osi essere mediocre? Come osi vivere nella banalità? Con questo medesimo meccanismo neurale sono scappata dalla vita di tutti. Poi ho incontrato qualcuno che si dichiarava semplice, ‘normale’ qualunque cosa questa parola voglia significare e ho scoperto che di semplice nella semplicità c’è ben poco. Ho scoperto che un uomo semplice, può contenere abissi inesplorati. Ho scoperto che un uomo ‘normale’ può rivoluzionare la tua esistenza, farti sentire l’urgenza di restare. Il desiderio di imparare a disinnescare le mie bombe, o almeno, a ripulire i cuori di entrambi dalla moltitudine dei tuoi detriti. A un certo punto l’ho guardato camminarmi accanto e ho pensato, ma se devo aspettare di sentire di essere realmente guarita, quando avrò la possibilità di amarti veramente? Amare con facilità senza tutta la guerra che mi porto di cuore in cuore? Quando la tua ferita sei tu, quando è cresciuta insieme a te, ha attraversato tutta la tua esistenza con te, è ragionevole pensare che non si guarisca più. Almeno, se per guarigione si intende assenza della malattia. Puoi curare il sintomo. Quello sì. Lo puoi obnubilare. Lo puoi evitare. Lo puoi fingere sparito. Dinne una, le ho fatte tutte. Un mese fa ho rotto il dito del piede destro, l’ho fasciato e per un po’ ho finto che non fosse accaduto nulla. Ci ho fatto yoga, ci ho guidato, ci ho ballato. Quando sentivo il dolore mi dicevo ah, giusto è sempre rotto. Poi ho tolto la fascia. Il dito è clinicamente guarito, eppure, continuo a batterlo e a farmi male. Sempre nello stesso punto. Una madeleine del dolore. Il mio cuore funziona così. Come il dito rotto e calcificato male del mio piede destro. Sono in riabilitazione a vita. Esistesse un gruppo di sostegno per quelli come me ci andrei a guadagnarmi un gettone dopo un anno di sobrietà- Trecentosessantacinque giorni in cui tra: esplodere o disinnescare, sono stata in grado si scegliere sempre la seconda. Conosco alcune persone che parteciperebbero alle riunioni con me, vero? Allora avremmo anche noi i nostri dodici passi. Magari suonerebbero così: 1- Ammettere di non aver alcun potere sulla tua ferita di infanzia e che, provare a controllarla, ha reso la tua vita ingestibile 2- Accettare l’idea che un potere più grande di te esiste e che quel poter può guarirti. 3- Scegliere di spostare la tua volontà e le tue azioni dall’ego ad amare la vita, Dio, nel modo in cui sei capace di capirlo che non è essere religiosi, ma solo accettare di appoggiarsi su qualcosa di diverso da te per evitare di ricadere nel tuo autolesionismo. Comprendere nel profondo che esistono cose fuori dal tuo controllo. 4- Scrivere un inventario di te stess* crudo e reale, senza aver paura 5- Ammettere alla vita, a te e almeno ad un altro essere umano, la reale natura dei tuoi errori relazionali e non dimenticarli 6- Aprirti a Dio come lo comprendi tu e solo tu. e alla possibilità di correggerti 7- Praticare l’umiltà della tua fallibilità 8- Fare una lista dettagliata delle persone che hai ferito a causa dei tuoi comportamenti e far fiorire nel tuo cuore il reale pentimento 9- Chiedere loro scusa di persona a meno che nel farlo tu non rischi di ferirli nuovamente 10- Continuare quotidianamente ad osservarti con distacco, chiedere immediatamente scusa quando ricadi nei tuoi errori 11- Imparare a contemplare ogni giorno la tua mente, pulirla come fai col resto del tuo corpo. Meditare, pregare perché tu possa svegliarti nella tua reale natura di amorevole gentilezza 12- Una volta effettuati tutti i passi precedenti, accertarsi della solidità delle tue nuove credenze e cercare di portarle agli altri che condividono la tua condizione di soggetti con traumi di infanzia Ecco, una cosa del genere, un programma così disciplinato, potrebbe aiutare quelli come noi che con l’illusione di controllare tutto e tutti distruggono ogni possibilità di felicità delle loro esistenze. Si crede troppo spesso che le dipendenze siano dall’alcol, dalla droga e basta. Esiste anche la dipendenza dal dolore. Esiste anche la dipendenza dal passato. Esiste anche la dipendenza dalle vecchie versioni di te. Sono le dipendenze più difficili da estirpare perché significa imparare a cancellare ogni schema mentale fino ad oggi conosciuto e a riscrivere interi percorsi neurali nel tuo cervello. Cancellare percorsi che hai impiegato quaranta anni a scrivere nel tuo cervello e provare a crearne nuovi. Uscire dal dogma SONO STATA FERITA DA BAMBINA= DEVO TROVARE TUTTO L’AMORE CHE NON HO RICEVUTO IN QUALCUN ALTRO e invece iniziare a pensare SONO STATA FERITA DA BAMBINA= CAPITA! ORA SONO UN’ADULTA E SO AMARMI. NON HO BISOGNO DI ALTRO. Non è una cosa che tutti sono disposti a fare. Prendersi la responsabilità di amarsi. Amati TU. Detta tu le regole di come vuoi essere amata, fallo con le giuste azioni verso te stessa e insegna agli altri come farlo. Non è una cosa da tutti nutrirsi. Ascoltare i propri bisogni e lottare per affermarli. Richiede il coraggio di affermare verità a volte scomode. Al momento però un gruppo così non esiste. Non che io sappia. Allora mi sono creata la mia personale lista di passi da compiere e cerco di restarle fedele. Mi prendo cura di me e della mia mente già da un po’ perché ho scoperto che, rinascendo ogni giorno nella disciplina, impari a ricevere quando tutto ciò che la vita ti ha insegnato, è stato dare. A volte mi gestisco, altre volte un po’ meno. Ma prendo la sua mano e la riconosco. È la mano giusta per camminare la vita. Fino alla fine. Come direbbe lui. Forse accadrà è sarà meraviglioso. Forse non accadrà, ma avrò amato con presenza e consapevolezza. Avrò amato senza portare distruzione e sarà stato comunque meraviglioso. Ishvara Pranidhana M

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