venerdì 18 maggio 2018

Amore, maionese e bulimia.

Certi amori sono come la maionese.
Non è che tu abbia spazio per alcun dubbio. Lo sai. Lo sai con matematica certezza che, la maionese, è cibo spazzatura, nuoce alla tua salute, eppure, è il tuo cibo preferito. Non c’è un cazzo da fare. Che poi non è che tu sia una che mangia solo junkie food. Tre anni fa, per esempio, eri decisa. Eri sposata, una lattante all’attivo; sentivi che era arrivato il momento per diventare vegana. Lo avevi sempre sognato. Così hai deciso di studiare. Hai comprato manuali su manuali di cucina vegana. Tu, che in vita tua avevi solo aperto scatolette, ora parlavi di erba spirulina e zenzero come non avessi mangiato altro in tutta la tua vita. Hai comprato un estrattore, a freddo, ovvio, lo sanno tutti che la centrifuga a caldo distrugge molecole e vitamine e ti sei lanciata nel tunnel degli estratti verdi per due mesi o giù di lì, poi un giorno hai aperto il frigorifero, ti sei fiondata su maionese e birra e sei tornata in te, bye bye vegan!
Insomma, lo sai che potresti, dovresti mangiare altro e, se ti concentri, per un po’, lo fai. Cibo green, cibo pulito, organico, bio a chilometro zero. Cibo proteico che nutra te, i tuoi muscoli, la tua autostima e il tuo amor proprio, eppure, arriva sempre il momento in cui apri il frigo, e non puoi, forse non vuoi, -chi sei tu per giudicare-, resistere.
Ognuno ha la sua debolezza, la mia (e quella di mia sorella maggiore, buon sangue non mente) è la maionese, forse tu sei più da gelato o da nutella. Magari c’è qualcuno tra voi che leggete, che è da patatine in busta (io non mi faccio mancare nemmeno quella) e chi, invece, potrebbe nutrirsi solo di pizza. Quello che conta è che, ognuno di noi, ha almeno un cibo spazzatura che rappresenti al meglio, anche il rapporto con quello che in noi si traduce come l’amore inarrivabile, quello impossibile. Qualunque sia la tua età, sai di cosa sto parlando. Ammettilo.
Hai presente? La sensazione di fame atavica. La voragine tra petto e bocca dello stomaco. Quel vuoto insaziabile, la bulimia che ti fa lanciare sul tuo cibo di conforto, al sicuro, dal mondo là fuori, brutto e cattivo. Certo, a volte ce la fai. Il frigo lo apri, guardi il barattolo e gli dici -“no, sono più forte io di te”! Ma quanta fatica fai?

Quelle come me, cresciute a pane, maionese e Mr Darcy sono intrinsecamente convinte che l’amore sia quello che ti prende la bulimia. Ti prende il vuoto. La pancia. Il guaio con l’amore bulimico è che dopo la scorpacciata arriva il senso di colpa. È così che a quasi trentasei anni scopri che tu la felicità, la colleghi alla malinconia, al senso di vuoto del post abbuffata. Sei felice per pochi istanti e poi sei nel pieno del tuo senso di colpa. Come se il solo fatto che TU possa essere felice a prescindere dal benessere di chi ti circonda, ti trasformasse in un essere abominevole. Sei felice e ti senti colpa. Il paradosso del benessere, giusto?

Che la bocca sia indolenzita alla fine di un bacio, o altrimenti che senso ha?
Buffo, vero? Come felicità e disperazione, in realtà tocchino le medesime corde in alcuni animi.

Non è bello essere come noi. Sentire lo stomaco chiuso a doppia mandata perché l’amore, o quello che credi tale, ti sta nutrendo da dentro e poi sentire la voragine quando tutto è finito. Qualcuno ci chiama sensation seekers, cercatori di sensazioni, svuotandoci un poco del nostro originario bisogno di sentire nel corpo che qualcosa, oltre noi, c’è.
Sarà che da linguista, gli anglismi mi stanno parecchio sul cazzo, ma l’idea di me che vado alla ricerca forsennata di sensazioni come fossero una dipendenza vera e propria, mi fa sentire parecchio superficiale.

Sarò una cacciatrice di emozioni, non lo so, quello che ho compreso su me e molti altri in relazione all’amore, è che non importa quanto la persona che ci sta di fronte sia straordinaria, quelli come noi, bruciano in fretta.
Non possiamo permetterci il lusso di bruciare le tappe. Non possiamo dire: “okay, facciamo che ci amiamo per sempre e andiamo a vivere insieme”. Per molte ragioni.

Primo siamo esseri che amano sulla distanza. Io ti amo, da lontano. Vi ricorda qualcuno?
Io ti amo quando ci incontriamo, rendiamo l’usuale straordinario e poi rientriamo nelle nostre vite. Io ti amo quando non mi poni nella condizione di aver paura che poi, alla fine, scapperò ancora. Io ti amo, se sei capace di non farmi bruciare le tappe. Di tenermi a freno e no, non ti chiedo di essere il mio baby sitter, ma se amore è reciprocità io, al limite, ti chiedo di aiutarmi a tenere il passo, perché tendo a correre e a sentire la stanchezza della corsa.
Un altro motivo è che ci prende la bulimia e, se la persona che abbiamo di fronte, non è più forte di noi, lo sentiamo. Noi vi annusiamo. Sentiamo l’amore e poi lo ricacciamo. Non è mancanza di rispetto nei vostri confronti è che siamo esseri imperfetti. Come voi, solo un po’ peggio.
E poi, per me e per tutte le madri single come me, c’è il motivo principale che sono i nostri figli ai quali, richiediamo una flessibilità emotiva quasi folle.
Ecco, ora che ci penso, i figli sono il nostro esempio perfetto di amore. Sapete perché quello è un amore che non brucia mai? Perché è un amore che abbiamo avuto la possibilità di conoscere con consapevolezza. Un giorno alla volta, per nove lunghi mesi. Ci hanno fatto soffrire per metterli al mondo, ce li siamo sudati, i nostri figli e poi, da quel giorno, ogni giorno, quando i loro piccoli occhietti assonnati si aprono, ci conquistano e ci danno la possibilità di innamorarci daccapo e, ciononostante, la natura non si imbroglia; quelle come me, sono madri che ogni mattino provano ad essere le fate madrine che pensano di dover essere e mentre la giornata trascorre lenta, il mostro ci prende di nuovo e tutto ciò che cerchiamo è la fuga dalla maternità e dalla frustrazione di non essere abbastanza. Non è forse amore questo? Alcuni risponderebbero di no, invece, lo è. È l’amore assoluto. Quando conosci la battaglia di una persona così, o la accetti o scappi via e, qualunque strada tu scelga, andrà bene. Io, per esempio, non penso che starei mai, con una come me. Una volta qualcuno mi ha detto che lui ha scelto di essere felice, io ho trascorso molti giorni a seguire ad interrogarmi sul perché io non fossi in grado di esserlo. Ho pensato subito che il mio malumore congenito e la mia onnipresente malinconia fossero solo altri due difetti da aggiungere alla mia lista nera. Quella lista che ognuno di noi ha di se stesso e che tiene ben nascosta.
Poi, da qualche parte ho letto una cosa che mi ha fatta piangere molto e mi ha ricordato, che le parole non vengono mai per caso. Come le persone, arrivano quando dovevano arrivare.

Era la sua malinconia che m’incantava, una malinconia che lui non cercava di sconfiggere, una malinconia duratura e persistente, arrivata per restare. Quella condizione insana che chiama a sé fantasmi e apre la strada a convinzioni dure come la pietra. Così diversa dalla mia condizione, che non si poteva nemmeno chiamare malinconia –forse insoddisfazione o debolezza. Saldaña Paris era veramente malinconico: un uomo d’altri tempi che viveva imprigionato in questo; un uomo d’epoca in cui la felicità non era obbligo, ma la fortuna di qualche stupido

Settimane fa mia sorella maggiore, che mi ama a prescindere da me come i miei altri fratelli scelerati nel volermi bene, ma sempre puntuali nel cercare di trascinarmi con i piedi per terra, mi ha detto che l’amore impossibile, a suo parere, è un’esperienza che esiste nella vita di ogni essere umano che tal si dica, ma che in qualche modo, ad un certo punto, bisogno decidere se si voglia o meno vivere di follia o di ragione e, soprattutto, se si voglia o meno vivere di mal di stomaco, labbra intorpidite e vuoti e pieni altalenanti. Vuoi crescere o rimanere immatura? Era un po’ questo che la mia mente pensava, mentre mia sorella parlava con la sua calda voce di casa. Vuoi dare una stabilità a tua figlia, o vuoi continuare a farla vivere nel tuo stesso caos emotivo? Forse, voleva dirmi questo. Non credo, perché mia sorella è una che non vive secondo i codici morali della folla. Poi ho capito. La stabilità di Virginia è in me, non in un rapporto con un altro uomo. Quella è roba che ho in mente io, di certo non lei.
Vuoi ancora continuare a mangiare la maionese, o invece, vuoi accettare che la maionese ti fa male ed è tempo di mangiare cibo più equilibrato? Sono tutte domande che vagano veloci nella mia mente. Un flipper infernale. Risposte non ne ho. Non ne ho e va bene così.
Forse, non è ancora arrivato il momento per me per ricevere risposte. Forse, è solo tempo di pormi domande, forse, è solo tempo di fermare il cuore e lavorare sul meraviglioso cubo di Rubik che è l’amore quando entra in contatto con me.
Arriverà il tempo della stabilità arriverà.

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