mercoledì 2 maggio 2018

Di yogi e di felicità.

Cose di cui ho paura:
dei vuoti
dei pieni
delle maree interne e di quelle esterne
della stabilità, ma anche dell’immobilità
degli amori a metà
della mia età
della famiglia
della necessità di amare
della capacità di restare e dell’impellenza di andare
dei ricordi che sono più numerosi dei sogni
dei progetti che si esauriscono lungo l’arco di un caffè
della mia identità, quella persa e quella che verrà
del silenzio che non riesce a stare zitto. Mai.
Della mia mente che cerca un modo per spengere tutto.
Della cassa di risonanza che ho al posto dello sterno, che ingabbia, amplifica e caratterizza ogni singola emozione che l’attraversa.
Del sole che non scalda abbastanza e del vento che mi scompiglia i pensieri.

Questa è una lista più o meno accurata delle mie più grandi paure. Di quei post it che nei film americani, la protagonista appenderebbe al frigorifero, stilerebbe un piano per superarlo e, paura dopo paura, avventura dopo avventura, amore dopo amore, alla fine, le supererebbe tutte. Ma questo non è un film e se lo fosse, mi farei rimborsare il biglietto perché, che senso ha guardare un film senza lieto fine? Io le mie paure, di solito, le evito accuratamente e, sono così brava a farlo che ho impiegato circa 36 anni a metterle in ordine nella testa e sul foglio. Le paure si affrontano, poi ci siamo noi che le nutriamo per bene fino a farci controllare. Quelli come noi, hanno ampi momenti di vita e lunghissimi declini. Momenti che ciclicamente tornano a farci male, vero? Ci sono giorni che vorrei scrivere, sento il flusso delle parole gorgogliare a fior di pelle, eppure, non una parola viene fuori. Sono quei giorni in cui mi prudono i pensieri. Sono quei giorni in cui metto tutto in discussione, me, le mie scelte, le mie pseudo certezze. Quei giorni in cui i dubbi mi attanagliano e non mi fanno vedere chiaro o, forse, vedo così chiaro da capire che non mi è dato sapere, ché la verità non esiste e più dubiti, più sai. Interrogarsi va bene, ma farlo dovrebbe significare accettare che le risposte, a volte arrivano, altre no e, quando questo capita, bisognerebbe mettervi un punto, inspirare forte e guardare altrove come quando diventi madre e devi per forza uscire dalla fase del perché e darti una mossa per trovare, invece, le risposte ai perché di tua figlia.

V- “oggi ero al Comune con papà e ho visto una sposa”
Io- “davvero? Che bello”!
V- “tu dove ti sei sposata? Al Comune”?
Io- “in chiesa”
V- “perché quella sposa non si è sposata in chiesa”?
Io- “forse non crede in Dio”?
V- “Tu credi in Dio, mamma”?
Io- “Sì, ci credo” (bugia numero uno o, forse, verità in cerca di conferme)
V- “perché quella sposa non crede in Dio”?
Io- “perché alcuni credono in Budda, altri in Allah, altri in Geova e, alcuni, in nessuno. È una scelta”
V- “non credere in nessuno può essere una buona scelta per la tua vita”?
Io- “Sì, può esserlo, se ti basta”
V- “A te basta credere in Dio”?
Io- “Sì, mi basta” (bugia numero due, non mi basta affatto e, infatti, ancora mi domando se io ci creda o meno)
V- “ perché ti basta”?
Io- “perché, amore, ci sono delle cose che non si possono spiegare e,questo, ci aiuta ad accettare tutte le risposte che ci vengono dal cuore”
V- “perché”?
Io- “Tu credi a Babbo Natale”?
V- “sì, ci credo”
Io- “perché credi a Babbo Natale”?
V- “non lo so, perché mi porta i regali credo”
Io- “ e ti basta questo per crederci”?
V- “Sì, e la Befana”
Io- “ecco, con Dio più o meno, funziona così, come con Babbo Natale”

Seguono attimi di silenzio in cui quasi mi pare di vedere gli ingranaggi del suo meraviglioso, nuovo cervello scevro da schemi e categorie mentali arrovellarsi veloci per mettere in ordine le nostre chiacchiere.

V- “mamma…”
Io-“Sì, Virginia…”(esausta)
V- “Allora, Babbo Natale è Dio”?
Io-“Sì, Virginia. Babbo Natale è Dio”

Ecco, Babbo Natale è Dio; a me piace pensare che risposte del genere, possano bastare non tanto alla nostra insaziabile curiosità, quanto al nostro desiderio di sentirci al sicuro. Mi piace pensare che le mie risposte possano essere la sua coperta di Linus.
Dicono che Virginia assomigli tutta al padre. A volte quando la guardo, mi sembra pericolosamente vicina a me. Lo sguardo serio, l’atteggiamento contrito di chi non ha bisogno di nessuno e, invece, diamine cosa darebbe per sentirsi amata. L’eterna incompresa. Se da un lato mi risulta facile capire i moti del suo cuore tenebroso, dall’altro vorrei che seguisse strade molto lontane dalla mia. Anche questo è un atteggiamento immaturo ed egoista, lo so. Siamo quel che siamo e il tentativo di cambiare la sua natura perché so che sarà difficile da gestire, la dice lunga su che tipo di madre io sia.
Sono fatta di pieni e di vuoti. Di piene e di arsure, se volete usare termini meno destabilizzanti. Un’eterna altalena diabolica che non mi concede la stasi. Il problema è quando entro in contatto con i pieni, perché i vuoti mi diventano insopportabili. Per questo mi tengo distante. Per questo evito. Per questo l’amore nella mia vita è una battaglia. Per questo io non posso fermarmi. Per questo non vi ascolto e, invece, vi sento. Tutto nella mia esistenza è teso ad evitare i vuoti che mi annichiliscono. Le piene sono difficili da gestire. Tutto è accelerato. Tutto è idealizzato. Tutto è portato all’estremo, così tanto, che non riesci a vederne il confine. Tanto che non riesci a capire se quello che provi è reale. E quando arrivano i vuoti, le arsure, tutto si fa pesante e il mondo ti schiaccia. La chiamano vita, giusto? Eppure mi risulta impossibile. Mi sento una maratoneta e i metri si fanno chilometri impossibili da coprire. Le gambe pesanti come due tronchi, il corpo che non risponde ai comandi, la mente che non sa più gestire la più semplice delle conversazioni e la gente, la gente mi affatica. Parlare loro. Intrattenerli, quando l’unica cosa che vorrei è spegnere la luce sul mondo e andare a dormire un sonno che mi rinfranchi dall’essere viva e il suo dannato peso. La chiamano vita e, allora, cerco un modo per viverla.
Conosco un uomo meraviglioso che ritiene di essere in possesso della ricetta per la felicità. Te la racconta e quasi ti convince sia semplice essere felici. Basta sorridere.
Lui sceglie di essere felice, che uno pensa:-e che ci vuole? Ora scelgo anche io. E, invece, non è così. La felicità, è un’arte. Complessa, peraltro. Non puoi scegliere di accendere e spegnere la felicità, perché quella, al limite, la chiami gioia. Devi scegliere di essere felice anche quando non hai un motivo che sia uno e tutto intorno a te crolla. Allora mi sono detta, bene faccio una lista e vedo se ho, almeno, le carte in regola per essere felice e, se scopro di non averle, mi sposto. Non sono un albero, infondo.
1) Mi piace quello che faccio per vivere? Anche se non è il lavoro dei miei sogni, almeno, mi trasmette l’energia e la voglia di alzarmi al mattino?
2) Mi piace dove mi trovo?
3) Sono felice di trascorrere del tempo con gli amici che ho?
4) Mi da piacere compiere le operazioni più basilari di una giornata, come ad esempio, cucinare un buon pasto caldo per me o per mia figlia?

Le mie, non sono state risposte positive e allora, mi sono detta, magari non sono tagliata per questo tipo di felicità, ma se non questa, allora quale? Quanti tipi di felicità esistono, poi?

A me la felicità arriva in fasi di piena creativa. Quando scrivo, ma non solo. Quando leggo e mi vien voglia di scrivere e superare le parole del giorno prima. Quando penso a cosa scrivere, quando qualcuno mi dice:-sai, ho letto quello che hai scritto. Io sono felice. Io sono. Io legittimo la mia ragione di esistere attraverso la felicità che mi procura lo scrivere.
Scrivo, quindi, sono… felice.
Ma la mia piena dura sempre poco, perché richiede fatica. La felicità, richiede costanza e fatica. È un lavoro a tempo pieno. Come quando inizi a praticare Yoga e sei l’ultimo membro del corso, tutti già nella posizione dello scorpione e tu hai solo voglia di urlare perché quel silenzio, quella fatica ti inchioda al tappetino di gomma dove ti viene richiesto di provare e di ascoltare, te, il tuo respiro e tutto il mondo intorno. Ecco, il cammino di un vero yogi richiede pratica ed esercizio fino alla tomba. Analogamente, la felicità vera, quella imperturbabile perché interna al tuo io, non fa sconti e richiede la tua presenza costante. Da qualche tempo ho deciso che io voglio essere yogi della felicità. Voglio dire, è altamente improbabile che nel futuro prossimo io riesca nella posizione dello scorpione, ma alla fine state certi che ci riuscirò, perché vedete, la questione è universale. In definitiva, non credo di essere originale neppure nel non riuscire ad essere felice, perché sono sbagliata io, non la felicità, vi ricorda forse qualcuno? In molti, sono sicura, condividono questo sentimento da border sempre all’erta. Sono piena, come molti altri di voi, di zone d’ombra. Ormai mi è chiaro. La natura non la cambi, ma impari a conoscerla e, si spera, ad arginarla. Ho una scala di valori molto disordinata che, in definitiva, cambia insieme al ciclo lunare. Con la maturità, ho imparato che le mie lune devo assecondarle.Come le stagioni, qui sulla Terra. Io sono il pianeta di me stessa. Non sono un satellite, non più. Non ho più voglia, né tempo, per inseguire. Dunque, l’unica strada per me percorribile, è andare dritto al mio nucleo e invertire la mia stessa rotazione. Il segreto, mi sono detta più volte, è tutto lì. Arrivare al nucleo e invertire la rotazione. Io ci credo e dovreste anche voi. Dovremmo tutti capire che siamo noi e solo noi, il centro del nostro tutto.

E allora sì che sarò felice, in qualche modo, un giorno.
Con i miei disordini, i miei tumulti e le mie parole sparse al vento.

3 commenti:

  1. Cara Michela, è sempre bello leggerti nell'anima...ci si rispecchia, ci si ritrova e si riflette. Mi hai fatto pensare a Juan Ramón Jiménez, alla sua costante ricerca di attimi di felicità... "Yo tengo escondida en mi casa a la poesía, y nuestra relación es la de los apasionados". Come te, solo la scrittura è capace di donargli "breves instantes de felicidad". Beso cariño.

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    1. grazie infinite grazie per questa citazione stupenda. Ho molto amato Jiménez e mi fa sorridere che a distanza di tanti anni qualcuno lo rapporti amo. <3

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  2. Non credo mai che ci sarà mai una soluzione al mio problema relazionale con il mio amante. il mio amante chiamato Randy West mi ha buttato fuori da casa sua e ha portato un'altra signora che ora sente l'unico migliore per lui. fino a quando un giorno ricevo una telefonata da un amico della città che il mio uomo esce per un appuntamento con un'altra donna in città, le ho detto che anch'io sono sorpresa, perché da quando Randy West mi ha lasciato a sentire non penso e non chiamano me. così dopo alcuni giorni la mia amica chiamata Alice mi ha chiamato e mi ha detto che ha trovato un uomo molto potente, ed è un grande erborista africano, davvero tutti sappiamo che gli africani sono benedetti con così tanti poteri a base di erbe che usano per aiutare molte persone, così mi ha detto che il nome dell'uomo è Dr Wealthy che inoltrerà il suo indirizzo e-mail per contattarmi, così davvero mi ha mandato l'indirizzo email di Wealthy e l'ho contattato quel giorno fedele . mi ha spedito dopo un po 'che il mio uomo tornerà da me se solo credo nel suo lavoro, così dopo 48 ore ricevo una telefonata da Randy West, e ha iniziato a chiedere l'elemosina che avrei dovuto perdonarlo contro tutto ciò che aveva fatto per io ... mi ha implorato di spezzarmi il cuore e lasciare che l'altra donna avesse un cuore nuovo. mi promette di non lasciarmi mai andare. ora io e Randy West stiamo pianificando di sposarci il prima possibile. siamo portati indietro con il grande incantesimo d'amore potente e accecato dall'incantesimo Dottor Wealthy, siamo felici e contenti. contatta Dr Wealthy su questo indirizzo di posta elettronica wealthylovespell@gmail.com puoi anche contattarlo tramite whatsapp su +2348105150446 per la soluzione a qualsiasi tipo di problema tu abbia.

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