martedì 28 luglio 2015

Self publishing sì oppure no?

Quesito della vita. Quando si è un pesce piccolo, quando si è del semplice plancton nell'oceano dell'editoria, hai davvero pochissime chances che il tuo libro valichi mai la cerchia famiglia/amici/conoscenti. Per quanto già tra questi troverete delle dolorose defezioni.
E' vero, noi italiani, scriviamo tutti. Siamo un popolo di scribacchini. Pochi di noi lo fanno veramente bene. Onestamente, non so in quale gruppo mi trovi. Inizio seriamente a dubitare di me stessa. Ci sono delle volte in cui leggendomi penso, però! Non scrivi male, amica. Ma altre, ahimè il più delle volte, in cui detesto cordialmente ogni singola parola. Approssimative, amatoriali. Una vergogna per me e per chi mi legge. Scrivere Eva e l'assoluto, è stato un processo naturale. Nel farlo, non ho mai pensato a quando poi avrei scritto la parola FINE. Intendiamoci, io non appartengo al gruppo di persone che va millantando di scrivere solo per se stessi. Diffidate, quelli sono bugiardi. Sono come quelle donne che ti dicono , "hai visto come sono ingrassata"? Per sentirsi dire "Scherzi? Sei una stecca da biliardo!". Io scrivo perché voglio che mi si legga. Al massimo, io il problema, (e lo sto scoprendo solo ora) ce l'ho a farmi pagare per essere letta. Nel senso che, non avendo io una casa editrice, mi capita che qualcuno acquisti il cartaceo di Eva sul blog e allora, devo essere pagata direttamente, bene, quando questo accade mi vergogno da morire, ma dicono passi. Fa tutto, regolarmente parte, del lento processo di evoluzione del famoso pelo sullo stomaco.
A dire il vero, mentre scrivevo, non credevo nemmeno di voler pubblicare, era più come se per magia, il mio libro si trovasse appena terminato, nelle librerie di ogni italiano senza passare per processi di stampa, negozi ecc. Dal produttore al consumatore. Filiera corta. Così me la figuravo la cosa. Quando però, mi sono resa conto che mi risultava difficile staccarmi da Eva e l'assoluto e buttarmi in un'altra storia, allora, ho capito che Eva doveva uscire dal mio computer.
Vedete, amici, quando scrivi un romanzo, instauri con le sue pagine una vera e propria relazione amorosa. C'è la fase del corteggiamento, quando le parole, fanno capolino nella tua testa e tu le rincorri. Poi, le parole danno vita ai personaggi, alla storia. A volte questi, ti sorridono e senti un calore avvolgerti il cervello, altre volte invece, questi vanno per la loro strada e allora, accade che ci litighi. Sono litigi di amore. Minacci di non tornare più, di stare meglio senza di loro, ma alla fine, come nelle più banali delle liti tra innamorati, tu con la tastiera sotto le dita, torni sempre. Poi, è ragionevole pensare dopo un tempo che va tra i dieci e i dodici mesi, il romanzo è  finito. Spieghiamo meglio, per i non addetti ai lavori, tu con la tastiera ti illudi che sia finito, in realtà, dovrai rileggerlo e riscriverlo ancora tante di quelle volte da detestarlo e volerlo via, fuori dalla tua testa. Per sempre. Ecco, con Eva invece, era come aver lasciato una storia d'amore appesa a un filo. Chi di voi on ha mai vissuto un'esperienza simile? Quelle storie che bruciano tanto sotto la pelle. Le riconoscete? Quelle di cui avete dichiarato la fine e che nella realtà dei vostri giorni invece, sono ancora dappertutto dentro di voi. Quelle storie che vi lasciano ancorate a quel maledetto "se". L'ombra ingombrante di quel "se" ipotetico, mi impediva di pensare. Avevo tante idee che poi, morivano tutte all'ombra di Eva. Allora  mi sono detta, è tempo di saltare.
Eva e l'assoluto  è il mio primo romanzo e i suoi limiti, li conosco tutti alla perfezione. Nonostante questo, ho deciso di saltare e come tutti sappiamo, quando si decide di saltare nel vuoto, è consigliabile non guardare nell'abisso.
Ho iniziato come tutti. Ricerca per genere all'interno dei cataloghi, per non sbagliare casa editrice. Eva, appartiene al fortunato filone della chick lit. anche in Italia, abbastanza popolare.
Prima bruciatura. Tutte le case editrici (almeno quelle da me trovate) riportano due tipi di informazione.
A) in questo momento non accettiamo manoscritti
B) non accettiamo manoscritti non accompagnati da un agente letterario.
Il mio primo pensiero è stato Kurt Cobain. Poi ho pensato al grunge e a tutte le indie band della scena musicale di Seattle degli anni '90. Poi ho pensato alle Major che hanno, nella maggior parte dei casi, rovinato quelle band. Nirvana inclusi. Prendete Bleach, poi ascoltate Nevermind e poi ne riparliamo. Non è che mi aspettassi la strada sgombra. Non sono nata ieri. Io amo Bleach.
Quindi, invio il manoscritto a tutte le case editrici indipendenti che trovo. Quelle che titolano nei loro siti fasulli, NOI SIAMO DALLA PARTE DEL TALENTO E DELLA CULTURA. Cerco di fare le cose per benino, spulcio i cataloghi, ma alla fine mando ovunque il libro, perché ci vuole pelo sullo stomaco e un altro no, non mi farà male.
Da quasi subito, roba che aspettavano solo me, i lettori e i direttori editoriali erano a corto di materiale, mi arrivano lettere entusiaste. Proposte editoriali come se piovesse. Tutte però, con un'innocua (secondo loro) piccola postilla. E' richiesto un piccolissimo contributo spese (circa 1000 euro, euro più euro mancante). Chi ha letto il Pendolo di Foucault, sa bene chi siano gli Autori a Proprie Spese (APS) ed io, mai e poi mai parteciperei ad una fiera delle vanità simile, circondata da questi soggetti fasulli che inquinano un mercato già ingolfato abbondantemente da: soubrettine, calciatori e cantanti non si sa bene perché. Che poi, diciamolo, non è che tu paghi e sei in una botte  di ferro. No. Il post pubblicazione resta comunque tutto sulle tue spalle. Presentazioni, reading e finanche la distribuzione che, con questi soggetti truffaldini, è pressoché inesistente, se consideriamo che il romanzo è di norma, disponibile nelle librerie PREVIA PRENOTAZIONE. Quindi grazie, ma no grazie. Ciaone proprio, case editrici a pagamento.
Allora penso, ho bisogno di un agente letterario. Apro internet, faccio le mie ricerchine e trovo l'agenzia letteraria dei miei sogni. Già mi vedo con il mio completo tailleur (non possiedo tailleur e non so perché mi immagino in questa veste) parlare col mio agente che crede in me e mette a frutto la sua ventennale esperienza nel settore per permettermi di pubblicare con la casa editrice giusta. Poi, però, qualcosa mi distrae. Le parole scheda di valutazione inediti, rapiscono la mia attenzione. Devo averla. In sole quattro settimane, per la modica cifra di 427 euro (iva inclusa) avrò una scheda completa della mia opera.
Bisogna fare due conti. Quattrocentoventisette euro, sono tanti o sono pochi? Sono pochi, ho già deciso. O meglio, sono tanti in linea di massima, ma la vita è fatta di priorità. Per qualcuno la priorità è mangiare un Magnum algida, per me, è ricevere una scheda di valutazione del mio inedito. Stacco un assegno (non accettano bonifici), stampo il romanzo e spedisco.
Le quattro settimane più lunghe della mia vita passano, lente, ma passano. Finché un giorno, non arriva la scheda tanto attesa. Devo rileggerla un paio di volte per capirla. Sembra, che l'intero romanzo sia stato demolito e invece, a ben guardare, non è così.
La situazione è più o meno questa.
AMBIENTE da cambiare (in origine, Eva era ambientato sulla east coast degli USA, infarcita di riferimenti pop a serie televisive e sogni di letture passate, nella sua versione definitiva invece, il romanzo, è ambientato in una piccola cittadina della Maremma Toscana.  Un saltino niente male). Il segreto, mi dice il lettore professionale, consiste nel parlare di luoghi e società che ben si conoscono. Mi sembra ragionevole, certo a meno che tu non sia Proust che ha scritto Alla ricerca del tempo perduto, senza mai uscire di casa, ma quello è un genio e di geni ne nascono tipo uno su un milione, no? Nonè di certo il mio caso.
PERSONAGGI da approfondire. Buon ritratto psicologico. Particolare interesse potrebbe destare la figura del nonno.
LINGUAGGIO notevole sia in parti descrittive che in dialoghi e in fine anche complimenti per essere riuscita ad elevare la narrazione dai soliti tòpos un po' inflazionati del genere chick lit.
In definitiva però, come sospettavo, il libro non è pronto alla pubblicazione. E meno male che le Case editrici a pagamento, avevano tutti avanzato proposte editoriali senza minimamente toccare la storia. Ma lo avranno letto, secondo voi? Continuo a chiedermelo ancora oggi.
Bene, mandare in valutazione il romanzo è stata la scelta più giusta. Ora basta riscrivere l'intero romanzo. L'unico problema, è che devo lasciarlo riposare un po'. Devo depurare il mio cervello da ogni frase scritta e ripartorirla. Facile, no? Devo solamente dare nuova vita alla mia Eva.
L'ho fatto, ci è voluto un altro anno. A quel punto, mi dico, devo rimandarlo in valutazione ancora. Ora, io non voglio essere pignola e polemica, lo giuro, ma secondo voi, uno che ha già mandato in visione un inedito e ricevuto scheda di valutazione, poi a correzioni apportate lo rimanda in visione, deve pagare daccapo i 427 euro? Ma anche, no! Non l'ho fatto, non solo per i 427 euro che ora mi sembravano una cifra spropositata, ma anche perché qualcosa mi diceva, che un'altra scheda mi sarebbe arrivata, con altre correzioni ed il gioco sarebbe potuto andare avanti per sempre a rilanci di 500 euro. E' come la storia delle case editrici a pagamento, no? Non vedo etica personalmente, in un agente che si fa pagare per leggere un libro. Ma diamine, forse sbaglio.
E quindi niente, la situazione era più o meno questa. Una catastrofe di dimensioni bibliche. Case editrici tradizionali, una sorta di mostri immobili, inavvicinabili. Dice, loro fanno scouting sui blog, sulle riviste on line. Ok, ma io scrivo romanzi, non so tenere un blog (e voi amici che mi leggete potrete di certo testimoniarlo) e non so scrivere articoli (anche qui, ho capitolato. Sono in attesa di iniziare una collaborazione con dei tipi fighissimi).
L'editoria a pagamento, non fa per me.
Con le agenzie letterarie, sembra di dover accendere un'ipoteca su una carriera non ancora partita e chissà se mai lo farà.
E' stato a quel punto che ho scelto la storia del self-made man di Crusoe. Lo ricordate? Certo, lui è un borghese del '700 inglese e io , una che scrive, ma le basi sono le stesse. Libertà, indipendenza, sudore e spirito di avventura.
Da quella decisione  in poi, (avvenuta poi parecchi anni dopo, ma questa è un'altra storia) tutto è stato più veloce e facile.
Ho scelto la piattaforma Narcissus ( https://www.narcissus.me ) e in un solo click completamente gratuito, Eva ha ricevuto il suo codice isbn. Se hai un isbn, hai un libro e boom! in circa 48 ore, tutti gli store on line (non solo i grandi colossi) vendevano il mio romanzo. Eva, era finalmente fuori dalla mia testa. Inutile dire, che ora sono intenta alla progettazione del mio secondo romanzo. Si intitolerà "Ne vale la pena" e si spera non debba attraversare il calvario di Eva e l'assoluto.
Non mi sono mai pentita di aver scelto la strada de self publishing, ma a volte, in questa cosa del post produzione, mi sento tremendamente sola. Questa è una fase tanto più tosta del travaglio creativo e soprattutto, richiede altissime competenze.
Hai a che fare con report di vendita, e tante porte in faccia da blogger (per fortuna non tutti) che non recensiscono autori auto pubblicati un po' perché fa poco figo, insomma non è come ricevere in lettura un romanzo non ancora sul mercato di una grande casa editrice, lo capisco e un po' perché dicono di aver avuto cattive esperienze, di romanzi illeggibili. Come dire in pratica che, ogni libro letto edito da una casa editrice, è stata un'esperienza di lettura indimenticabile. Ma di cosa stiamo parlando?
E poi c'è il marketing, io sono proprio negata in questo senso. Ho un blog che non riesco a indicizzare sicché fate voi. E la social reputation che, mio malgrado, devo curare da me ed è difficile credetemi quando non si è popolari, ti devi inventare prezzemolino e in ogni caso sempre molto attiva sui social network quando si suppone tu abbia anche un lavoro, famiglia, casa, una vita insomma. Ma non mi lamento, ogni volta che ricevo dall'etere un segnale positivo, il cuore si riempie di gioia e le fatiche diventano un ricordo lontano. Ah, poi ci sono le librerie che ti rifiutano le presentazioni perché sei self published, vedi blogger, il discorso è il medesimo con in più da parte loro, che se sei auto pubblicato non porti gente. Ah bada, io facevo la serata da te per giovare anche del TUO pubblico. Andiamo bene, andiamo.
Tutto questo fino ad arrivare ad oggi, ad una libreria di Napoli che mi risponde nella persona dell'organizzatore eventi "Devi pubblicare con i grandi, col self non vai da nessuna parte. Il mercato lo fanno loro".
Ma no? Ma davvero? Il problema è proprio questo, non si era capito?

2 commenti:

  1. Serve anche il self publishing, ci sono passata anch'io e ora ho un romanzo nelle librerie italiane e nei principali book stores. Tutto è utile, se uno non ha già santi in paradiso.

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    1. Ciao Luciana,
      benvenuta. Spero tu decida di fermarti con me per un po'.
      Hai ragione, il self serve, ma converrai con me che il ciclo di vita di un romanzo self, specie se non pubblicizzato nel modo giusto è davvero brevissimo.

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